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English to Italian: "Ten days that shook the world" General field: Other Detailed field: History
Source text - English "The Ten Days That Shook the World
By: John Reed"
PROJECT ARCHIVE
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The Gutenberg Project eBook of The Ten Days That Shook the World, by John Reed
This eBook is for the use of anyone, anywhere, at no cost and with almost no restrictions. You may copy it, give it away, or reuse it under the terms of the Project Gutenberg License included in this eBook or online at www.gutenberg.org.
Title: The Ten Days That Shook the World
Author: John Reed
Publication Date: November 25, 2012 [EBook #3076] Release Date: February 2002 First Publication: December 16, 2000
Language: English
START OF THE GUTENBERG EBOOK PROJECT THE TEN DAYS THAT SHOOK THE WORLD
Produced by Norman Wolcott, with corrections by Andrew Sly and Stefan Malte Schumacher
[Editor's note: the book consists of text, footnotes, and appendices. The footnotes are included at the end of each chapter, while the appendix number and section are cited in the text in parentheses; the appendices follow the text of the book. There are 17 graphic figures in the text. These are indicated by a reference to the page number in the original book.]
Translation - Italian
"I dieci giorni che sconvolsero il mondo
Di: John Reed"
ARCHIVIO DEL PROGETTO
I DETTAGLI DEL PROGETTO 2022
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Il Progetto Gutenberg EBook di Dieci giorni che sconvolsero il mondo, di John Reed
Questo eBook è per l'uso di chiunque, ovunque, senza alcun costo e con quasi nessuna restrizione. Puoi copiarlo, regalarlo o riutilizzarlo secondo i termini della licenza Project Gutenberg inclusa in questo eBook o online su www.gutenberg.org
Titolo: Dieci Giorni Che Sconvolsero il Mondo
Autore: John Reed
Data di pubblicazione: 25 novembre 2012 [EBook #3076] Data di rilascio: febbraio 2002 Prima pubblicazione: 16 dicembre 2000
Lingua: Inglese
*** INIZIO DEL PROGETTO EBOOK GUTENBERG DIECI GIORNI CHE HANNO SCOSSO IL MONDO ***
Prodotto da Norman Wolcott, con correzioni di Andrew Sly e Stefan Malte Schumacher
[Nota del redattore: il libro è composto da testo, note a piè di pagina e appendici. Le note a piè di pagina sono incluse alla fine di ogni capitolo, mentre il numero dell'Appendice e la Sezione sono citati nel testo tra parentesi, le Appendici seguono il testo del libro. Ci sono 17 figure grafiche nel testo. Queste sono indicate da un riferimento al numero di pagina nel libro originale.]
Italian to Portuguese: La storia dell’infanzia e della sua educazione nell’Italia contemporanea: interpretazioni e prospettive di ricerca General field: Other Detailed field: History
Source text - Italian La storia dell’infanzia e della sua educazione nell’Italia contemporanea: interpretazioni e prospettive di ricerca
La recente storiografia sull’infanzia e sull’educazione infantile in Italia
É stato giustamente osservato che «la storia dell'infanzia e la sua individuazione come oggetto storiografico costituiscono una acquisizione recente della nostra cultura».
→ per lungo tempo infatti, a fronte del vivace sviluppo che tale settore d’indagine ha conosciuto in Francia e nei paesi anglosassoni
→ in Italia la ricerca storica ha dedicato scarsa attenzione alle condizioni sociali dell'infanzia e alle stesse immagini del bambino elaborate dal mondo adulto nelle diverse epoche.
All’origine di siffatta carenza si collocano diversi fattori:
→ il prevalere fino agli anni Settanta, nell’ambito della storiografia italiana, della matrice etico-politica di derivazione hegeliano-idealistica
→ alla quale, nonostante le decise polemiche e le contrapposizioni di carattere ideologico nei riguardi degli indirizzi storiografici tradizionali, non hanno saputo sottrarsi neppure gli storici di formazione marxista.
→ il grave ritardo con cui la ricerca storico-educativa (troppo a lungo confinata entro gli angusti limiti della storia delle dottrine pedagogiche e delle teorie filosofiche sull’educazione) ha maturato la propria identità/autonomia epistemologica e culturale
→ e si è dotata delle metodologie e degli strumenti propri dell'indagine storiografica.
Negli ultimi decenni gli studi di storia dell'infanzia hanno fatto registrare anche nel nostro paese un sensibile incremento:
→ rispetto ai pionieristici lavori di Dina Bertoni Jovine (L’alienazione dell'infanzia, 1963)
→ e di Leonardo Trisciuzzi (La scoperta dell'infanzia, 1976)
→ il quadro si è arricchito di ricerche originali e di ampio respiro
→ caratterizzate in taluni casi da un approccio di tipo interdisciplinare
→ e dal ricorso a fonti e a materiali documentari poco o nulla sfruttati in precedenza.
Egle Becchi, e il gruppo di ricerca dell’Università di Pavia:
→ E. Becchi, M. Ferrari, M. Grandini, S. Micotti, Per una storia dell'infanzia come figura educativa (1987)
→ E. Becchi, I bambini nella storia (1994)
→ Q. Antonelli, E. Becchi, Scritture bambine. Testi infantili tra passato e presente (1995)
→ E. Becchi, A. Semeraro, Archivi d'infanzia. Per una storiografia della prima età (2001)
Tra i frutti più interessanti del lavoro condotto da questo gruppo si colloca anche:
→ la Storia dell'infanzia (1996), a cura di Egle Becchi & Dominique Julia
→ tentativo di ricomporre in una vasta e organica sintesi le conoscenze acquisite dalla storiografia europea intorno alla condizione dell’infanzia dall’antichità a oggi.
Con specifico riferimento alla realtà italiana dell’Otto e del Novecento merita di essere segnalato:
→ il lavoro di Franco Cambi e Simonetta Ulivieri sulla Storia dell’infanzia nell’Italia liberale (1988)
→ nel quale risultano efficacemente indagati tanto gli aspetti relativi alla storia sociale e dell’educazione (condizioni dell’infanzia, pratiche formative ecc.)
→ quanto quelli che attengono alla storia della mentalità e dell'immaginario collettivo (concezioni, ideologie, ‘immagini’ dell’infanzia ecc.).
Tra i contributi sulla storia dell’infanzia e della sua educazione che hanno visto la luce in Italia negli ultimi decenni, infine, debbono essere ricordati:
→ Infanzia, educazione e società in Italia tra Otto e Novecento, a cura di Luciano Caimi (1997).
→ Le bambine nella storia dell’educazione, a cura di Simonetta Ulivieri (1999)
→ e, infine, Itinerari nella storia dell’infanzia, a cura della stessa Ulivieri e di Carmela Covato (2001)
Sullo sviluppo di quello che si configura ormai, anche in Italia, come uno specifico e autonomo settore di ricerca hanno influito, mi sembra, due apporti convergenti.
In primo luogo, il confronto con gli studi e le ricerche sulla storia dell'infanzia avviati in Francia, in Germania e nei paesi anglosassoni.
Intendo riferirmi, innanzi tutto:
→ al fondamentale lavoro di Philippe Ariès su L’enfant et la vie familiale sous l’ancien régime (1960)
→ alle ricerche coordinate da Lloyd de Mause e raccolte nel volume The history of childhood (1974)
→ al contributo di Dieter Richter su Das fremde Kind. Zur Entstehung der Kindheitsbilder des burgerlichen Zeitalsters [Il bambino estraneo. La nascita dell’immagine dell’infanzia nel mondo borghese] (1987), che ha approfondito l'immagine dell'infanzia in epoca moderna attraverso l’uso di fonti narrative di diverso genere e provenienza.
Nonché ad alcune ricerche di ampio respiro che recentemente hanno visto la luce in ambito europeo:
→ Buenaventura Delgado, Historia de la infancia (1998)
→ Hugh Cunningham, Children & Childhood in Western Society since 1500 (1996) & ID., The Invention of Childhood (2006)
→ Paulì Dávila e Luis María Naya, La infancia en la historia: espacios y representaciones (2005)
In secondo luogo, l’adozione di indirizzi e di metodologie di ricerca che solo negli ultimi decenni hanno trovato adeguata ricezione nel nostro paese:
→ le prospettive di tipo metodologico e soprattutto ai nuovi filoni d'indagine (i «marginali», la «storia della mentalità» ecc.) proposti dalla storiografia delle Annales e dalla social history di matrice anglosassone (Lawrence Stone e il gruppo di studiosi raccolti attorno alla rivista «Past and Present»)
→ le suggestioni fornite agli storici dell'infanzia dalle indagini di carattere epistemologico di Michel Foucault
→ dai raffinati lavori sulla storia dei processi di civilizzazione di Norbert Elias
→ dai contributi degli studiosi statunitensi che si richiamano alla Psychohistory: da Erik H. Erikson a David Hunt e a John Demos.
Tra le acquisizioni e i risultati più significativi raggiunti dalle ricerche e dagli studi avviati in Italia negli ultimi decenni:
(a) la consapevolezza che la storia dell'infanzia, per il carattere "sfuggente" dell’oggetto da studiare e per il suo collocarsi in una zona di confine tra differenti settori e ambiti di ricerca
→ implica un approccio articolato e complesso, capace di consentire diversi livelli di analisi e di lettura
→ necessita quindi dell’apporto di molteplici competenze storiografiche in prospettiva interdisciplinare (la storia sociale, quella delle istituzioni e delle pratiche educative, ma anche la storia della mentalità, dei processi culturali ecc.).
(b) lo spazio e l'attenzione accordati a fonti e a materiali documentari troppo a lungo trascurati o del tutto ignorati dalla tradizionale ricerca storico-pedagogica sull'infanzia, almeno in Italia:
→ l’iconografia e la memorialistica
→ i giochi e i giocattoli
→ la stampa illustrata e la letteratura per l'infanzia
(c) l’impegno volto ad operare una saldatura, nelle ricostruzioni dedicate all’infanzia e alla sua educazione, tra la storia sociale e quella della mentalità:
→ due prospettive d’indagine molto diverse il cui incrocio consente di cogliere il complesso – e talora contraddittorio – rapporto
→ tra l’immaginario elaborato dal mondo adulto sull’infanzia e i comportamenti e le pratiche che una determinata società sviluppa nei riguardi dei bambini.
A fronte di tali importanti acquisizioni, le diverse ricerche di storia dell'infanzia avviate negli ultimi anni lasciano intravedere una serie di problemi:
→ mentre su alcuni significativi nodi e problemi della storia dell'infanzia e della sua educazione disponiamo, per ciò che attiene alla realtà italiana, di numerose e documentate ricerche settoriali e di pregevoli indagini a carattere locale
→ su altri aspetti e problemi la ricerca di base è ancora agli inizi, i quadri di riferimento locali e i dati quantitativi risultano essere nel complesso scarsi, generici, approssimativi.
Alcuni esempi fra i tanti che si potrebbero fare:
→ la gran messe di studi relativi a fenomeni quali l'abbandono e l'esposizione infantile in epoca moderna e contemporanea
→ e, per contro, la sostanziale carenza di ricostruzioni serie e documentate sulle molteplici e variegate istituzioni assistenziali (conservatori femminili, ospizi per fanciulli orfani e abbandonati, brefotrofi ecc.);
E ancora:
→ sappiamo moltissimo sul dibattito pedagogico e sui modelli e sistemi di educazione infantile elaborati nel corso dell’Otto e del Novecento (dagli asili aportiani ai giardini d'infanzia froebeliani, ai metodi messi a punto dalle sorelle Agazzi e da Maria Montessori ecc.)
→ al contrario, disponiamo di scarse notizie riguardo alle reali condizioni di funzionamento e alle concrete pratiche formative attuate negli asili infantili pubblici e privati dell’Ottocento e del Novecento.
Un ulteriore motivo di riflessione concerne il prevalere, in talune ricostruzioni, del momento descrittivo su quello interpretativo/valutativo:
→ soprattutto nelle opere di sintesi – peraltro pregevoli, in quanto offrono un ampio spaccato della vita dell'infanzia nel corso delle varie epoche storiche – è dato di riscontrare una sovrabbondanza di elementi descrittivi, di cui talora non è sempre facile cogliere il significato più profondo, individuare il riferimento ad un determinato quadro concettuale, a un’ipotesi interpretativa generale.
Per contro, sembra ampiamente condivisibile il rilievo formulato da taluni studiosi riguardo al persistere di «forzature sovrainterpretative»:
→ certe ipotesi generali sul destino dell'infanzia nella società contemporanea
→ come quelle incentrate sul concetto di «privatizzazione del bambino» (E. Becchi) o sul principio della «doppia alienazione» (F. Cambi) che caratterizzerebbe il mondo infantile
→ tendono a porre sullo stesso piano – almeno per ciò che riguarda gli esiti finali, i risultati del processo – itinerari di crescita e percorsi esperienziali talora radicalmente diversi
→ quali ad esempio quelli che nel corso dell’Ottocento e della prima metà del Novecento hanno caratterizzato l’infanzia delle classi contadina e proletaria urbana da un lato e quella dei ceti benestanti e del mondo borghese dall’altro.
Molto opportunamente Enzo Catarsi ha sottolineato, qualche anno fa, come:
→ «Ragionando in termini di storia sociale», non si possa «considerare alla stessa stregua lo sfruttamento bestiale dei bambini delle classi popolari e l'alienazione dorata dei figli degli abbienti».
Aggiungerei che, di là della oggettiva difficoltà di giustificare sul piano storiografico equiparazioni e/o parallelismi tra condizioni sociali e culturali, modi di essere, esperienze di vita tanto differenti
→ il rischio sotteso a certe interpretazioni generali è quello di reintrodurre, nella spiegazione dei fatti storici, una sorta di schema ideologico, più o meno aggiornato e in sintonia con talune tendenze del dibattito culturale attuale.
C’è, infine, un ultimo aspetto sul quale è opportuno richiamare l’attenzione:
→ la tendenza comune a diversi contributi apparsi negli ultimi decenni a definire e ad interpretare le vicende storiche dell’infanzia sulla base di un approccio per “modelli”
→ i quali “modelli” sono essenzialmente tre: infanzia borghese, infanzia popolare urbana, infanzia contadina)
→ e costituirebbero il risultato delle più generali condizioni socio-economiche e della struttura classista della società.
→ ora, nel caso dell’Italia post-unitaria, mi sembra si presentino non poche difficoltà a calare questo schema di lettura per “modelli” (desunto dalle scienze sociali)
→ nelle reali contingenze storiche e a legittimarne la funzione interpretativa senza operare forzature e semplificazioni della realtà.
L’esempio più rilevante di tale difficoltà a far coincidere una “lettura per modelli” della realtà italiana con i reali processi storico-culturali
→ si ritrova, a mio avviso, proprio nella determinazione/definizione del cosiddetto «modello borghese»,
→ assunto come espressione degli orientamenti e delle strategie delle classi dominanti.
Il «modello borghese»: forzature e limiti di un approccio metodologico e euristico
In primo luogo: borghesia o borghesie?
→ nel sessantennio che dall’unificazione nazionale giunge fino all'avvento del fascismo si può parlare, per l’Italia, di borghesia come soggetto unitario sotto il profilo culturale e politico?
→ per meglio dire: esiste un unico «modello borghese», identificabile tout court con quello politicamente egemone?
→ Le modalità stesse con cui in Italia si è compiuto il processo unitario
→ la particolare connotazione assunta dai rapporti tra Stato e Chiesa (considerati, naturalmente, non in senso diplomatico-istituzionale, ma come fattore destinato a incidere sul costume civile e culturale e sulle coscienze individuali)
→ le caratteristiche precipue assunte dalla cultura cattolica dell'epoca (il difficile rapporto con la modernità e con le sue conquiste ecc.)
inducono, mi sembra, a maggiore cautela nell’assumere una “modellistica” dei rapporti culturali, sociali e politici capace di rappresentare senza forzature e semplificazioni la realtà italiana.
Si potrebbe anche far rilevare che l’Italia postunitaria si presenta:
→ come una realtà estremamente variegata e composita
→ con differenze economiche e sociali (nord/sud, città/campagna, sviluppo/arretratezza ecc.)
→ ma anche e soprattutto con enormi culturali
→ destinate ad incidere profondamente sulle stesse caratteristiche e aspirazioni delle élites borghesi e dei ceti possidenti locali.
L’altra questione sulla quale mi sembra necessario richiamare l'attenzione:
→ il ruolo della Chiesa e del cattolicesimo italiano nella storia dell’infanzia e della sua educazione tra Otto e Novecento.
Curiosamente, proprio la Chiesa è la grande assente o, per meglio dire, la grande dimenticata nelle ricostruzioni storiografiche sopra richiamate.
Un’assenza di questo tipo, indubbiamente fa riflettere.
A meno che, infatti, non si sia voluto – non si voglia – identificare tout court l'operato della Chiesa e del mondo cattolico nel suo complesso con quello delle classi dirigenti
sembrerebbe prevalere una lettura che considera poco o nulla rilevante l’apporto specifico della Chiesa, al punto da attribuire alla sua presenza/iniziativa un significato marginale, episodico, non determinante comunque ai fini della delineazione del quadro generale.
Sull’opportunità di un approfondimento della funzione e delle iniziative della Chiesa e del cattolicesimo nel suo insieme
ai fini della messa a punto di un quadro più articolato e convincente della storia dell’infanzia e della sua educazione tra Otto e Novecento tornerò più avanti.
È necessario ora porre l’accento su un’altra importante questione evidenziata dalla storiografia degli ultimi decenni:
→ il tentativo dei ceti dominanti, nell’Italia liberale e giolittiana (e più tardi fascista), di affermare, universalizzandola, una determinata identità e immagine culturale dell'infanzia
→ ovvero di costituire una sorta di dominio borghese sull'infanzia, attraverso l'imposizione di una ideologia/pedagogia del bambino che rinvia al più generale disegno borghese di egemonia culturale e di controllo ideologico e politico sulla società.
Occorre domandarsi:
→ perché il modello borghese, nonostante le aspirazioni egemoniche coltivate dai ceti dominanti, non è riuscito nel corso dell’Ottocento, ma anche per buona parte del secolo successivo, ad universalizzarsi?
→ a permeare i costumi e le pratiche educative nei riguardi dell'infanzia e ad incidere in maniera decisiva sullo stesso «immaginario collettivo», ossia sulle rappresentazioni culturali del bambino?
Per comprendere le ragioni di tale fallimento è necessario, a mio avviso, prendere in esame
quelli che sono stati i “luoghi”, gli strumenti e le modalità attraverso i quali, in particolare nella seconda metà dell’Ottocento
si è cercato di porre in atto, da parte dei ceti dominanti, quel dominio borghese sull’infanzia evidenziato dalla storiografia degli ultimi decenni:
→ la scuola, innanzi tutto, come luogo di trasmissione del sapere, ma anche di determinati valori e modelli culturali;
→ la letteratura per l’infanzia e i libri di testo, come pure – sul piano della formazione di un determinato «sentimento dell'infanzia» del mondo adulto – la grande narrativa e il romanzo borghese dell’Ottocento;
→ la riflessione pedagogica, in particolare quella d’impostazione scientifico-positivistica;
→ i nuovi saperi scientifici sull’infanzia, che nell’Italia liberale e giolittiana assumono uno specifico rilievo sociale (pediatria, igiene infantile, psicologia dell’età evolutiva, psicoanalisi ecc.);
→ la famiglia, oggetto di particolare attenzione da parte di pedagogisti, medici, scrittori per l’infanzia.
La scuola
Che alla scuola (alla scuola elementare e popolare in primo luogo) sia stato attribuito dalle élites liberali il compito di promuovere, insieme all’alfabetizzazione e all’istruzione di base, anche il sentimento dell’appartenenza nazionale e l’unificazione culturale e civile delle popolazioni attorno a determinati princìpi e valori borghesi è certamente un fatto noto.
Altrettanto noto è il fatto che l’istituzione scolastica non sia realmente riuscita, almeno fino ai primi decenni del XX secolo, a connotarsi come luogo formativo capace di fare da cinghia di trasmissione, all’interno delle classi popolari urbane e rurali, dei valori e dei modelli culturali ed educativi del ceto dominante
→ a divenire, cioè, lo spazio e il luogo privilegiato del processo di universalizzazione dei valori borghesi.
E questo non solamente per i problemi e le carenze di tipo strutturale
ossia quelli relativi all’insufficiente distribuzione delle scuole sul territorio, ai bassi (talora bassissimi) indici di scolarizzazione e, per contro, alle elevate percentuali di abbandono, di mortalità scolastica, di evasione dall’obbligo riscontrati in tante zone della penisola (il Meridione, le aree agricole e montane ecc.)
→ ma anche, e soprattutto, per lo scarto che è dato di registrare in questa scuola tra la pedagogia ufficiale, calata dall’alto (regolamenti, programmi, direttive ministeriali ecc.), e la pratica scolastica vera e propria.
→ innanzi tutto, l’esistenza di uno scollamento profondo tra le elaborazioni della pedagogia scientifico-accademica e le pratiche didattiche ed educative attuate nella realtà scolastica (basterebbe verificare le idee e i modelli educativi che circolano nella stampa periodica destinata alle istitutrici e maestre d’asilo o nelle riviste didattiche per gli insegnanti elementari);
→ in secondo luogo, il prevalere, lungo tutto il corso dell’Ottocento, di una concezione localistica dei problemi scolastici e la sostanziale mancanza di una visione “nazionale” del proprio ruolo e della propria funzione da parte degli stessi maestri, tanto da avvalorare l’ipotesi - che mi sembra largamente condivisibile - della nascita del “maestro italiano” solo sul finire del secolo;
→ in ultimo, la scarsa identificazione degli insegnanti elementari con gli ideali nazionali e patriottici e la loro sostanziale estraneità rispetto ai progressi della cultura e della scienza “borghesi”;
La stessa pedagogia scientifica d’impronta positivistica
→ destinata ad incidere sulle pratiche educative e sugli ordinamenti scolastici soprattutto a partire dall’ultimo ventennio dell’Ottocento
→ ebbe una ricezione molto parziale nella concreta realtà scolastica e tra i maestri: si pensi alle vivaci polemiche e resistenze incontrate, al loro apparire, dai programmi Gabelli del 1888.
Se è vero, dunque, che la scuola rappresentò il luogo privilegiato e scientificamente idoneo di trasmissione del modello infantile borghese nella società italiana del secondo Ottocento
→ è altrettanto vero che un simile processo – dato un po’ per scontato in tante ricostruzioni di storia dell’infanzia e della sua educazione – fu ben lungi dal realizzarsi, almeno per quanto
La letteratura per l'infanzia e i libri di testo
Dagli studi recentemente condotti su questo tipo di testi emerge chiaramente la peculiare funzione rivestita da una simile pubblicistica
→ nella trasmissione/veicolazione dei valori, degli stili di vita, degli indirizzi e modelli educativi, dello stesso immaginario sull’infanzia, caratteristici dei ceti borghesi dominanti.
L'impressione di fondo tuttavia è che, al di là del suo valore intrinseco, la diffusione di tale pubblicistica sia stata, almeno fino alla fine del secolo
→ assai più contenuta e circoscritta di quanto, a prima vista, si potrebbe supporre.
→ se si tengono presenti le misere condizioni in cui versava l’istruzione popolare nelle zone rurali
→ e le difficoltà oggettive incontrate, anche dopo l’emanazione della legge Coppino (1877), dai processi di alfabetizzazione e di scolarizzazione primaria nelle campagne e in tante parti dell'Italia centro-meridionale
→ non è esagerato ipotizzare che la circolazione dei libri di testo e della stessa letteratura per l'infanzia e per la gioventù abbia riguardato soprattutto i centri urbani e le aree più alfabetizzate della penisola
→ ed interessato prevalentemente i ceti benestanti e gli strati superiori della popolazione artigiana e operaia.
Tale ipotesi, del resto, sembra trovare parziale conferma nelle reiterate denunce circa la carenza di buone letture e di libri espressamente destinati all'infanzia e alla gioventù povera delle aree rurali
→ formulate, specie negli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento, da educatori e associazioni filantropiche impegnati nel campo dell'istruzione ed educazione popolare.
I nuovi saperi scientifici sull'infanzia
Sulla scia delle fondamentali ricerche di Michel Foucault in ordine al rapporto tra scienza, ideologie dominanti e controllo sociale
→ come pure dei recenti studi avviati in Italia sull’evoluzione della medicina e delle scienze umane nella seconda metà dell'Ottocento
La storiografia educativa ha dedicato crescente attenzione al ruolo esercitato dai nuovi saperi scientifici
→ nella determinazione/diffusione di specifiche forme di controllo del corpo e di regolamentazione degli atteggiamenti e dei comportamenti infantili
→ modellate sui principi dell’etica e dell’ideologia borghese dominante.
→ la valorizzazione della ginnastica (si pensi, ad esempio, al vivace dibattito sviluppatosi in questa fase sul significato e sugli obiettivi dell'educazione fisica scolastica)
→ l’attribuzione all’igiene di un ruolo guida nella teoria e nella pratica educative
→ l’avvio di una vera e propria medicalizzazione dell'infanzia, con la conseguente ridefinizione della pedagogia infantile come clinica dello sviluppo corporeo e psichico del bambino
rappresentano i diversi aspetti del processo volto a determinare una specifica frontiera del dominio borghese sull'infanzia.
Anche in questo caso, tuttavia, si ha l'impressione che la cosiddetta «scienza borghese»
→ alla cui espansione e circolazione dovevano fornire un contributo determinante tanto la scuola quanto una vasta pubblicistica d’intonazione popolare espressamente dedicata alla divulgazione scientifica
→ non sia riuscita, almeno per tutto l'Ottocento, a trasformarsi in «sapere di massa»
Ovvero non sia riuscita ad esercitare un reale e sistematico influsso
→ sulla mentalità, sui costumi, sullo stesso ‘vissuto’ individuale e collettivo dei ceti urbani meno abbienti e, in particolare, delle popolazioni contadine.
Si tratta allora di individuare quali saperi, quali modelli, quali concezioni dell'infanzia e della sua educazione diversi, se non addirittura alternativi, rispetto a quelli borghesi dominanti
→ hanno realmente informato i comportamenti e le pratiche in ordine alle differenti infanzie dell'Italia dell'Ottocento e dei primi decenni del nostro secolo.
La famiglia
→ la famiglia rappresenta un importante terreno di approfondimento e di verifica per lo storico dell'infanzia e della sua educazione
→ ma si configura indubbiamente come una realtà difficile da studiare, specie sotto il profilo delle strategie e delle pratiche formative
→ c’è innanzi tutto un problema di fonti e di documentazione per analizzare un contesto (quello familiare) privatistico e opaco
→ ma si pone anche la necessità di mettere a punto nuove metodologie d'indagine, specifiche griglie di lettura capaci di penetrare un universo culturale e sociale che appare ancora, sotto molti aspetti, sfuggente
I tre modelli individuati dalle ricerche di carattere sociologico, e fatti propri da diversi storici dell’infanzia, ossia: la «famiglia borghese», la «famiglia operaia-popolare urbana» e la «famiglia contadina»
→ aiutano poco a capire, offrono allo storico riferimenti tanto generali da sconfinare nel generico.
Certo, si percepisce chiaramente, già da questa sommaria tipologia, che siamo di fronte a realtà molto diverse, con condizioni materiali di vita, forme di socializzazione, ma anche «immaginari collettivi», quadri di riferimento ideali, estremamente differenti. Il che, tuttavia, è ben lungi dall’esaurire il discorso.
→ la stessa famiglia «borghese», ossia quella che si conosce – o si ritiene di conoscere – meglio, ad un’analisi un minimo più attenta e circostanziata presenta molteplici differenziazioni e sfaccettature.
Un solo esempio: la borghesia del Veneto post-unitario
→ che è legata ai moduli di un cattolicesimo culturalmente e politicamente conservatore
→ che si raccoglie attorno alla parrocchia ed è animata da un forte sentimento antiliberale e antistatalista
→ che è ancorata ai valori religiosi e alle proprie radici contadine
→ ma, al tempo stesso, si mostra attenta e partecipe all’innovazione e allo sviluppo in campo economico e produttivo
Questa borghesia del Veneto post-unitario, dicevo, si presenta come una realtà estremamente diversa rispetto ad altre borghesie della penisola.
Ora potremmo domandarci: il suo “immaginario" sull’infanzia, la sua concezione dei figli e della loro cura ed educazione, le sue pratiche formative coincidevano con quelli propagandati dalla letteratura scientifica e pedagogica d’indirizzo positivistico?
→ mi sembra quanto meno un aspetto da verificare. Ma il discorso potrebbe estendersi anche ad altre aree e ad altri gruppi sociali.
Per quel che concerne la «famiglia contadina», se si vuole davvero comprendere una realtà così complessa e caratteristica, è necessario da parte degli storici dell’infanzia ampliare i riferimenti culturali di carattere generale
→ sorprende non poco, ad esempio, il fatto che gli studiosi che si sono occupati dell’infanzia contadina nell’Italia dell’Otto e del Novecento abbiano ignorato del tutto il fondamentale – e a mio avviso imprescindibile – apporto recato alla conoscenza della realtà contadina degli ultimi due secoli nel nostro paese dalla storiografia sociale e religiosa.
Le campagne – quelle settentrionali e, con modalità e ritmi differenti, quelle del Centro-Sud – videro svilupparsi, nel secondo Ottocento, un forte e radicato movimento sociale cattolico, raccolto attorno ai vescovi e ai parroci
→ un movimento che si alimentava dei valori solidaristici e cooperativi propri della dottrina sociale cristiana,
→ e che si rese protagonista di una vasta opera di modernizzazione sul terreno economico e sociale e della crescita di una più larga sensibilità civile e culturale tra le popolazioni agricole.
→ basterebbe richiamare la fitta rete di società di mutuo soccorso, cooperative di lavoro, casse di risparmio rurali, istituzioni assistenziali ed educative che ebbero nella parrocchia il loro punto di riferimento.
In questo ambito la Chiesa ha operato in profondità e ha operato sovente in funzione antiborghese (intransigentismo cattolico)
→ alimentando e promuovendo una sensibilità etico-religiosa e una visione dell’uomo e della società profondamente diverse rispetto a quelle che ispiravano le élites borghesi dei grandi centri urbani.
Per un ampliamento dell’indagine storica sull’infanzia e sulla sua educazione in Italia tra Otto e Novecento: fonti e prospettive di ricerca
Dalle osservazioni e dai rilievi sopra formulati emergono due questioni d’indubbia importanza ai fini di una più puntuale indagine storica sull’infanzia e sulla sua educazione in Italia tra Otto e Novecento:
→ innanzi tutto, la necessità di un ampliamento delle fonti e dei materiali documentari su cui fondare le ricerche
→ come pure di un più organico e sistematico sfruttamento di fonti già note, ma solo parzialmente utilizzate.
È il caso, ad esempio, della letteratura per l’infanzia e dei libri di testo per la scuola elementare:
→ un’indagine su tali preziosi materiali a stampa non può limitarsi alla pur indispensabile analisi testuale (contenuti, modelli, indirizzi formativi)
→ ma deve necessariamente estendersi ad aspetti e motivi di notevole importanza per lo storico dell’infanzia, quali la diffusione (tirature, ristampe ecc.) e l’effettiva circolazione dei testi nei diversi contesti sociali e culturali
→ attraverso la verifica, ad esempio, dei cataloghi delle biblioteche scolastiche e popolari, di quelle circolanti rurali, degli elenchi delle opere acquistate dalle Società operaie di mutuo soccorso e dalle leghe per l'istruzione del popolo.
L’altra questione concerne l’esigenza di approfondire, in modo più serio e sistematico di quanto si sia fatto finora, il ruolo esercitato dalla Chiesa nell’Italia dell’Otto e del Novecento
→ sia sul piano della costruzione di una nuova “immagine” dell'infanzia
→ sia sul versante delle iniziative assistenziali ed educative specificamente rivolte al mondo infantile.
La questione delle fonti e della documentazione
Una fonte ancora quasi completamente ignorata, almeno nel nostro paese, dagli storici dell'educazione e dell'infanzia è rappresentata dalla trattatistica minore destinata alla famiglia
→ ovvero dalla gran messe di trattatelli, opuscoli, operette e altri scritti di stampo popolare destinati precipuamente ai padri e alle madri di famiglia e incentrati sulle tematiche della vita e dell'educazione familiare.
→ un tipo di pubblicazioni di poche pretese, che annovera tra i suoi autori: parroci, sacerdoti in cura d’anime, religiosi, più raramente esponenti del laicato cattolico
→ e che si rivolge a un pubblico di lettori molto variegato: contadini, artigiani, impiegati, commercianti
→ ai quali fornisce indicazioni e suggerimenti di carattere pratico/operativo circa il modo più idoneo di crescere ed educare i figli, di promuovere e salvaguardare l'armonia del nucleo familiare, di orientare la prole in ordine alla vita cristiana e alla pratica religiosa, agli studi, al comportamento in società, al lavoro e alle scelte professionali.
In Italia, un censimento di tali pubblicazioni ha permesso di individuare, relativamente al secolo XIX, oltre 500 opere riconducibili a tale genere:
→ operette scritte con linguaggio piano, di veste tipografica ed editoriale modesta e di costo sovente irrisorio
→ che hanno conosciuto, dopo l’Unità e almeno fino alla prima guerra mondiale una diffusione crescente, testimoniata tra l’altro dalle frequenti ristampe e riedizioni (alcuni titoli registrano fino a mezza dozzina di riedizioni nell'arco di un sessantennio.
Due aspetti di tale pubblicistica minore meritano di essere segnalati:
→ la cospicua presenza di testi dedicati alle famiglie contadine e redatti in genere da curati di campagna
→ e la prevalente presenza, tra gli editori e/o stampatori di case editrici cattoliche e di tipografie vescovili o appartenenti ad istituti religiosi (Salesiani, Scolopi, Gesuiti ecc.).
Per ciò che attiene alla veicolazione di modelli, stili educativi, pratiche formative destinati all’infanzia e alla gioventù, importanti spunti e indicazioni possono essere colti nella cosiddetta letteratura devozionale:
→ anche in questo caso, si tratta di un genere di pubblicazioni ancora poco frequentato dagli storici dell’educazione e dell'infanzia
→ rivolta a tutti gli strati della popolazione e caratterizzata, anche nell’Otto e nel Novecento, da una diffusione amplissima
→ la letteratura devozionale ha i suoi luoghi privilegiati di circolazione nelle parrocchie e nelle istituzioni di carattere religioso
→ essa si caratterizza non solo per la sua finalità di edificazione spirituale e di indirizzo all'esercizio delle pratiche devote
→ ma anche per il suo specifico intento educativo, ossia come strumento privilegiato per la trasmissione di indirizzi e modelli di comportamento coerenti con la fede cristiana
Le opere devozionali diventano così mezzi di trasmissione di valori religiosi e di princìpi etici, volti non solo a nutrire e ad irrobustire la vita di pietà dei singoli fedeli, ma ad orientare e a plasmare i comportamenti sociali.
Regole e norme di vita si presentano come brevi codici di comportamento in cui princìpi cristiani e modelli normativi del vivere sociale spesso si intrecciano.
Un filone peculiare, nell'ambito della letteratura devozionale, è quello delle agiografie popolari:
→ si tratta delle cosiddette Vite dei santi, un genere di pubblicazioni destinato precipuamente agli strati più bassi della popolazione con finalità di edificazione cristiana
Diffuse fin dalla tarda antichità, le Vite dei santi conobbero, all'indomani del Concilio di Trento (1545-1563), una nuova e più larga diffusione
→ in sintonia con i propositi di penetrazione cristiana tra le classi popolari e nelle campagne e di rinnovamento del costume e dei modelli di vita religiosa assunti dalla Chiesa nell’età confessionale.
Dopo la Rivoluzione Francese e per tutto l’Ottocento, le Vite dei santi godettero di una rinnovata fortuna
→ ed ebbero una circolazione destinata ad interessare un po’ tutti gli strati della popolazione, sia urbana sia rurale.
L’agiografo costruisce la Vita del santo secondo un modello tipico, con una struttura narrativa che obbedisce a precisi stereotipi:
→ l’esercizio delle virtù umane e cristiane;
→ la pratica religiosa;
→ il comportamento pubblico;
→ il rapporto con il proprio corpo;
→ l’atteggiamento di fronte alla malattia, alla sventura, alle difficoltà quotidiane;
→ le scelte riguardo allo stato di vita e al futuro ecc.
Proprio la sistematica e convenzionale riproposizione di tali aspetti e motivi in tutte le agiografie popolari consente, ad esempio, di analizzare sul lungo periodo l’evoluzione di determinati ideali e modelli educativi
→ come pure la loro maggiore o minore incidenza sul costume e sulle pratiche formative.
In questo quadro un rilievo particolare riveste lo spazio (talora, come nelle Vite dei santi pubblicate nell’Ottocento, assai cospicuo) accordato nelle agiografie popolari alla narrazione dell’infanzia e della gioventù del santo, ovvero al «santo da bambino».
Qui il proposito di fornire un modello di comportamento infantile da imitare si fa palpabile e il carattere ripetitivo e convenzionale delle narrazioni agiografiche consente allo storico di verificare la persistenza e/o il mutamento nel tempo di alcune dimensioni e caratteristiche dell’ideale educativo proposto per l’infanzia.
Per le sue caratteristiche, una fonte come le Vite dei santi si presta ad essere utilizzata anche per lumeggiare l’evoluzione sul lungo periodo della concezione del bambino e del più generale significato attribuito all’infanzia da parte del mondo adulto.
Nuove prospettive di ricerca: il ruolo della Chiesa
L’approfondimento del ruolo esercitato dalla Chiesa nel settore dell’assistenza e dell’educazione infantile in Italia tra Ottocento e Novecento implica
→ l’avvio di indagini sistematiche sulle diverse istituzioni ed esperienze di animazione religiosa e di catechesi promosse a livello diocesano e parrocchiale e destinate precipuamente all’infanzia e alla gioventù.
Si pensi, ad esempio, alla vasta e articolata rete
→ di oratori parrocchiali
→ di scuole domenicali di catechismo
→ di associazioni giovanili di preghiera
→ delle congregazioni mariane (in particolare quelle intitolate a S. Luigi Gonzaga e rivolte alla gioventù dei due sessi)
→ delle locali sezioni della gioventù maschile e femminile dell’Azione Cattolica
Si tratta di istituzioni ed iniziative che hanno avuto una notevole incidenza sul piano educativo, ma sulle quali non disponiamo ancora di studi organici che consentano di valutarne appieno:
→ il tipo di proposta e i modelli formativi
→ l’incidenza a livello locale e sul piano nazionale
→ l’evoluzione istituzionale e degli indirizzi e programmi educativi sul lungo periodo
→ la ricerca su tale versante potrebbe avvalersi della ricca documentazione, ancora in massima parte inesplorata, conservata negli archivi diocesani e parrocchiali
→ come pure della ricca messe di stampati, bollettini, pubblicazioni periodiche a carattere locale e nazionale promossi dagli eventuali organismi di coordinamento di tali iniziative (è il caso, ad esempio, degli oratori, delle congregazioni mariane e dei gruppi dell’Azione Cattolica).
Un ulteriore e importante filone d’indagine:
→ le esperienze e iniziative degli Istituti religiosi maschili e, soprattutto, femminili che nel corso dell’Ottocento e del Novecento si sono dedicati precipuamente:
→ alla cura e all’assistenza dell’infanzia (asili, scuole materne, orfanotrofi ecc.)
→ all’istruzione e all’educazione della gioventù dei diversi ceti (scuole, collegi, conservatori ed educandati femminili ecc.)
→ all’animazione religiosa e alla catechesi nelle parrocchie
→ su questo versante disponiamo già di pregevoli sintesi e di talune significative ricerche a livello locale, almeno per ciò che concerne il secolo XIX
→ ma molto resta ancora da fare, soprattutto in relazione all’opera assistenziale ed educativa svolta dalle congregazioni religiose nel Novecento
Le fonti e la documentazione:
→ scavo sistematico della documentazione conservata presso gli archivi generalizi e quelli provinciali e locali dei diversi Istituti (regolamenti, programmi didattici ed educativi, elenchi dei libri di testo e di lettura, relazioni sulle attività formative svolte dalle singole istituzioni locali, statistiche sugli alunni e notizie sulla loro condizione e provenienza sociale ecc.)
Gli obiettivi dell’indagine:
→ valutare appieno le caratteristiche e dimensioni dell’opera assistenziale e formativa svolta dai religiosi e dalle diverse istituzioni e iniziative per l'infanzia da essi promosse.
Infine, necessità di un’indagine a più vasto raggio, che si proponga di far emergere, al di là del pur cospicuo impegno sul terreno assistenziale ed educativo, il contributo offerto dalla Chiesa tra Otto e Novecento
→ alla costruzione di una nuova “immagine” dell’infanzia
→ alla maturazione di un diverso “sentimento” degli adulti nei riguardi del mondo infantile rispetto ai secoli precedenti
Estendere la ricerca ad aspetti, modalità e piani dell’esperienza religiosa e della pratica devozionale troppo a lungo ignorati – o pregiudizialmente rifiutati – da certa storiografia:
A questo riguardo, sono molti i segnali che testimoniano il maturare, già a partire dalla prima metà dell’Ottocento, di un nuovo «sentimento dell’infanzia» all’interno del cattolicesimo italiano
→ la crescente attenzione per i problemi dell’educazione e dell’istruzione infantile, con il conseguente superamento delle logiche meramente assistenziali proprie della fase precedente;
→ l’emergere, sul piano della catechesi e della formazione cristiana della gioventù, di una sempre più larga attenzione ai dinamismi psicologici del fanciullo e all’esigenza di favorire una reale interiorizzazione della fede, cui fa riscontro il graduale abbandono degli indirizzi e dei modelli della catechesi tradizionale;
→ il superamento dell’austera spiritualità di matrice rigorista tipica del Settecento e l’introduzione, fin dai primi anni dell’Ottocento, di una pietà cristiana che si nutre degli scritti spirituali di François de Sales, di Filippo Neri, di Alfonso Maria de’ Liguori;
→ e che riflette anche sul terreno educativo (nell’educazione dell’infanzia e della gioventù) motivi quali la dolcezza, l’amorevolezza, la benignità, propri della prospettiva spirituale di quegli autori;
→ la progressiva diffusione di una pratica devozionale più in sintonia con le esigenze dei ceti popolari e maggiormente attente alla sensibilità propria dei fanciulli e dei ragazzi;
→ con la notevole fortuna registrata dalle nuove devozioni centrate sulla famiglia e sull’infanzia, tra cui quelle alla Sacra Famiglia, all’Angelo custode, al Bambino Gesù, a San Giuseppe (cui si guarda come modello di carità e dolcezza paterna);
→ infine, il diffondersi di un’iconografia religiosa che si arricchisce di immagini infantili e familiari (i “santini” e le “immaginette devote”).
Tutti aspetti e motivi che testimoniano il maturare di una nuova sensibilità pastorale ed educativa all’interno della Chiesa, destinata ad influire sulla stessa percezione dell’infanzia e dei suoi problemi.
La recente storiografia religiosa ha elaborato l’ipotesi di una sorta di «femminilizzazione del cattolicesimo tra Settecento e Ottocento».
→ un’ipotesi interessante e suggestiva
→ la «femminilizzazione del cattolicesimo» si è verificata in una fase storica che ha registrato il graduale affermarsi, a tutti i livelli (istituzionale, giuridico, economico, della stessa sfera dei comportamenti privati), dell’autoritarismo e del paternalismo di matrice borghese.
A me sembra che la ricerca storica sull’infanzia e sulla sua educazione debba misurarsi
→ con tale profondo mutamento del costume ecclesiastico e pastorale
→ e con le più generali trasformazioni che hanno contrassegnato la cultura e l’esperienza religiosa contemporanea (XIX-XX secolo)
Grazie per l’attenzione!
Translation - Portuguese A história da infância e da sua educação na Itália contemporânea: interpretações e perspectivas de pesquisa
A recente historiografia sobre a educação infantil na Itália
Foi corretamente observado que «a história da infância e a sua individualização, como objeto historiográfico, constituem uma aquisição recente da nossa cultura».
→ por muito tempo, a frente do ativo desenvolvimento que tal setor de investigação, conheceu, na França e nos países anglo-saxões
→ na Itália, a pesquisa histórica dedicou pouca atenção às condições sociais da infância e as mesmas imagens da criança, elaboradas pelo mundo adulto, em diferentes épocas.
Na origem de tal carência, se colocam diversos fatores:
→ predominou até os anos Setenta, no âmbito da historiografia italiana, da matriz ético política de características hegeliana - idealizadora
→ para qual, não obstante as grandes problemáticas e as contraposições de caráter ideológico, em relação a alguns endereços historiográficos tradicionais, não souberam subtrair nem mesmo os históricos da formação marxista.
→ o grave atraso com o qual a pesquisa histórico-educativa (por muito tempo limitada pelas angústias limítrofes da história das doutrinas pedagógicas e das teorias filosóficas sobre a educação) amadureceu a própria identidade/autonomia epistemológica e cultural
→ e se adotou algumas metodologias e alguns instrumentos próprios de investigação historiográfica.
Nas últimas décadas, os estudos de história da infância registraram também, no nosso país, um aumento significativo:
→ em respeito aos trabalhos pioneiros de Dina Bertoni Jovine (A alienação da infância, 1963)
→ e de Leonardo Trisciuzzi (A descoberta da infância, 1976)
→ a situação se enriqueceu de pesquisas originais
→ caracterizadas, em alguns casos, por uma aproximação de tipo interdisciplinar
→ e a utilização de fontes e documentários pouco ou nunca explorados, anteriormente.
Egle Becchi, e o grupo de pesquisa da Universidade de Pavia:
→ E. Becchi, M. Ferrari, M. Grandini, S. Micotti, Por uma história da infância, como figura educativa (1987)
→ E. Becchi, As Crianças na historia (1994)
→ Q. Antonelli, E. Becchi, Crianças escritoras. Textos infantis entre o passado e o presente (1995)
→ E. Becchi, A. Semeraro, Arquivos da infância. Por uma história da primeira idade (2001)
Entre os trabalhos mais interessantes, conduzidos por este grupo, estão também:
→ a história da infância (1996), de Egle Becchi & Dominique Julia
→ tentativa de recompor em uma ampla síntese, os conhecimentos adquiridos pela historiografia européia sobre a condição da infância, desde a antiguidade até hoje.
Com específica referência à realidade italiana dos séculos XIX e XX, merece ser destacado:
→ o trabalho de Franco Cambi e Simonetta Ulivieri sobre a Historia da infância na Itália liberal (1988)
→ no qual resultam eficientemente investigados os aspectos relativos a história social e da educação (condições da infância, praticas formativas, etc.)
→ aqueles que propõem a história da mentalidade e do imaginário coletivo (concessões, ideologias, ‘imagens’ da infância, etc.).
Entre as contribuições à história da infância e da sua educação, que viram uma luz na Itália nas últimas décadas, devem ser recordadas:
→ Infância, educação e sociedade na Itália, entre os séculos XIX e XX de Luciano Caimi (1997).
→ As crianças na história da educação, de Simonetta Ulivieri (1999)
→ e, por fim, Itinerários na história da infância de Simonetta Ulivieri e de Carmela Covato (2001)
Sobre o desenvolvimento daquilo que se configura, também na Itália, como um especifico e autônomo setor de pesquisa influenciam, me parece, duas abordagens convergentes.
Em primeiro lugar, o confronto com os estudos e as pesquisas sobre a história da infância, começadas na França, na Alemanha e nos países anglo-saxões.
Pretendo me referir, antes de tudo:
→ ao trabalho fundamental de Philippe Ariès sobre L’enfant et la vie familiale sous l’ancien régime (1960)
→ às pesquisas coordenadas por Lloyd de Mause e coletadas no volume The history of childhood (1974)
→ a contribuição de Dieter Richter sobre Das fremde Kind. Zur Entstehung der Kindheitsbilder des burgerlichen Zeitalsters [Il bambino estraneo. La nascita dell’immagine dell’infanzia nel mondo borghese] (1987), que aprofundou a imagem da infância na época moderna, através do uso de fontes narrativas de diferentes gêneros e proveniências.
E para algumas pesquisas abrangentes que, recentemente, viram uma luz em âmbito europeu:
→ Buenaventura Delgado, Historia de la infancia (1998)
→ Hugh Cunningham, Children & Childhood in Western Society since 1500 (1996) & ID., The Invention of Childhood (2006)
→ Paulì Dávila e Luis María Naya, La infancia en la historia: espacios y representaciones (2005)
Em segundo lugar, a adoção de endereços e de metodologias de pesquisa que, somente, nas últimas décadas, encontraram um acolhimento adequado no nosso país:
→ as perspectivas de tipo metodológico e acima de tudo as novas vertentes de investigação (os «marginais», a «história da mentalidade» etc.) propostos pela historiografia das Annales e pela história social de matriz anglo-saxônica (Lawrence Stone e o grupo de estudiosos, coletaram junto a revista «Past and Present»)
→ as sugestões fornecidas aos históricos da infância, pelas investigações de característica epistemológica de Michel Foucault
→ pelos refinados trabalhos sobre a história dos processos da civilização de Norbert Elias
→ pelas contribuições dos estudiosos estadunidenses que recordam a Psychohistory: da Erik H. Erikson a David Hunt e a John Demos.
Entre as aquisições e os resultados alcançados, mais significativos, para as pesquisas e para os estudos iniciados na Itália, nas últimas décadas:
(a) a consciência de que a história da infância, pelo caráter "ilusório" do objeto de estudo, e pelo seu posicionamento em uma zona limítrofe entre diferentes setores e áreas de pesquisa.
→ implica em uma aproximação articulada e complexa, capaz de consentir diversos níveis de analises e de leitura.
→ necessita, então, da provisão de múltiplas competências historiográficas, em perspectiva interdisciplinar (a história social, aquela das instituições e das prática educativas, mas também a história da mentalidade, dos processos culturais, etc.).
(b) o espaço e a atenção concedidos a documentários muito negligenciados, ou totalmente ignorados pela tradicional pesquisa histórico-pedagógica sobre a infância na Itália:
→ a iconografia e a memória
→ os jogos e os brinquedos
→ a impressão ilustrada e a literatura para a infância
(c) o compromisso em operar uma união, nas reconstruções dedicadas a infância e a sua educação, entre a história social e aquela da mentalidade:
→ duas perspectivas de investigação muito diferentes, cujo o cruzamento consente obter o complexo - e as vezes contraditório - relacionamento.
→ entre o elaborado imaginário do mundo adulto sobre a infância, e os comportamentos e as práticas que uma determinada sociedade desenvolve, em relação as crianças.
Em frente a estas importantes aquisições, as diferentes pesquisas de história da infância iniciadas nos últimos anos, deixam entrever uma serie de problemas:
→ dispomos de alguns significados chaves e problemas da história da infância e da sua educação, e por isso se compreende a realidade italiana, de numerosas e documentadas pesquisas setoriais e de notáveis investigações de caráter local.
→ sobre outros aspectos e problemas, a pesquisa de base ainda engatinha, pois os quadros de referências locais e os dados quantitativos resultam ser, na maior parte das vezes, escassos, genéricos, e aproximados.
Alguns exemplos entre os tantos que poderíamos citar:
→ as grandes massas de estudos relativos a fenômenos, entre os quais, o abandono e a exposição infantil, em uma época moderna e contemporânea.
→ e, em contrapartida, uma carência substancial de reconstruções serias e documentadas em múltiplas e diversificadas instituições assistenciais (conservatórios femininos, hospícios para meninos órfãos e abandonados, lares infantis, etc.);
E ainda:
→ sabemos muito sobre o debate pedagógico e sobre os modelos e sistemas de educação da educação infantil, elaborados no decorrer dos séculos XIX e XX (desde as creches aportiani até os jardins de infância froebeliani, dos métodos utilizados pelas irmãs Agazzi e pela Maria Montessori etc.)
→ ao contrário, dispomos de escassas notícias ligadas as reais condições de funcionamento e as concretas práticas formativas implementadas nas creches públicas e particulares dos séculos XIX e XX.
Um outro motivo de reflexão diz respeito a prevalência, em algumas reconstruções, do momento descritivo sobre aquele de interpretação/avaliação:
→ acima de tudo, nas obras sintetizadas – além de notáveis, por oferecerem uma ampla divisão da vida infantil, no decorrer dos vários períodos históricos
– encontrou uma grande quantidade de elementos descritivos, e destes, às vezes, não é fácil encontrar o real significado, individualizar a referência em um determinado quadro conceitual para uma hipótese de interpretação genérica.
Em contrapartida, a assistência de alguns estudiosos, parece ser amplamente compartilhada, devido a persistência de «interpretações forçadas»:
→ algumas hipóteses gerais sobre o destino da infância, na sociedade contemporânea.
→ como aquelas focadas no conceito de «privação da criança» (E. Becchi) ou sobre o princípio da «dupla alienação» (F. Cambi) que caracterizaria o mundo infantil.
→ Pretendem colocar no mesmo plano – ao menos no que diz respeito aos êxitos finais, os resultados do processo – itinerários de crescimento e percursos experienciais, às vezes, radicalmente diferentes.
→ por exemplo, aqueles que no decorrer do século XIX e na primeira metade do século XX, caracterizaram a infância das classes rural e proletária urbana, por um lado, e aquela das classes ricas e, por outro lado, pelo mundo burguês.
Muito oportunamente, Enzo Catarsi, destacou, um tempo atrás, que:
→ «Pensando em termos de história social», não se pode «considerar da mesma maneira a exploração animalesca das crianças das classes populares, e a alienação dourada dos filhos dos ricos».
Acrescentarei que, além da objetiva dificuldade de justificar, no plano historiográfico, equiparações e/ou paralelismos entre condições sociais e culturais, modos de ser, e experiências de vida muito diferentes.
→ o risco subentendido em certas interpretações gerais, é aquele de introduzir novamente, na explicação dos fatos históricos, uma quantidade de esquema ideológico, mais ou menos atualizado e em sintonia com algumas tendências do atual debate cultural.
Existe, por fim, um último aspecto sobre o qual é oportuno chamar a atenção:
→ a tendência comum de diversas contribuições aparecidas nas últimas décadas para definir e interpretar eventos históricos da infância com base em uma aproximação por “modelos”.
→ estes “modelos” são essencialmente três: infância burguês, infância popular urbana, infância rural)
→ e constituiriam o resultado das mais generalizadas condições socioeconômicas e da estrutura de classes da sociedade.
→ agora, no caso da Itália pós-unificação, me representa que, não são poucas as dificuldades para derrubar este esquema de leitura por “modelos”(dedutível das ciências sociais)
→ nas reais contingências históricas, e para legitimar a função interpretativa sem forçar e simplificar a realidade.
O exemplo mais relevante de tal dificuldade que faz coincidir uma “leitura por modelos” da realidade italiana, com os reais processos histórico-culturais.
→ se encontra, a meu ver, próprio na determinação / definição do assim chamado “modelo burguês”.
→ assumido como expressão das orientações e das estratégias das classes dominantes
O «modelo burguês»: exageros e limites de uma abordagem metodológica e heurística
Em primeiro lugar: burguesia ou burguesias?
→ na década de sessenta, aquela da unificação nacional, chega ao fim o fascismo. Se pode falar em uma Itália, e de uma burguesia como sujeito único com um perfil cultural e político?
→ para explicar melhor: existe um único «modelo burguês», identificado como tout court, que é aquele, politicamente dominante?
→ As mesmas modalidades com as quais, na Itália, se cumpriu o processo de unificação.
→ a particular conotação assumida pelos relacionamentos entre Estado e Igreja (considerados, naturalmente, não no sentido diplomático-institucional , mas como fator destinado a incidir sobre o hábito civil e cultural, e sobre as consciências individuais).
→ as principais características, assumidas pela cultura católica da época (o difícil relacionamento com a modernidade e com as suas conquistas, e etc.)
induzem, ao meu ver, a uma maior cautela em assumir uma “modelagem” dos relacionamentos culturais, sociais e políticos, capaz de representar sem exageros e simplificações, a realidade italiana.
Se poderia também, assumir que a Itália pós-unificação, se apresenta:
→ com uma realidade extremamente diversificada e diferente.
→ com diferenças econômicas e sociais (norte/sul, cidade/interior, desenvolvimento/atraso, etc.).
→ mas também e, acima de tudo, enormes diferenças culturais
→ destinadas a incidir, profundamente, sobre as mesmas características e aspirações das elites burguesas e das classes sociais, locais, mais ricas.
A outra questão sobre a qual, me parece necessário chamar a atenção, é:
→ o papel da Igreja e do catolicismo italiano, na história da infância e da sua educação, entre os séculos XIX e XX.
Curiosamente, a própria Igreja, foi a maior ausente, ou melhor dizendo, a grande esquecida nas reconstruções acima citadas.
Uma ausência deste tipo, sem dúvida, faz refletir.
A menos que, de fato, não se quis – não se quer – identificar tout court, o que foi feito pela Igreja e pelo mundo católico, em um todo, com o que foi feito pelas classes dominantes, pareceria que predomina uma leitura que, pouco ou nada, leva em consideração a relevante e específica abordagem da Igreja, a ponto de atribuir à sua presença/iniciativa, um significado irrelevante, casual, não sendo determinante para os fins do delineamento do quadro geral.
Com a oportunidade de aprofundar a função e as iniciativas da Igreja e do catolicismo, em um todo.
Com a finalidade de apresentar um quadro mais articulado e convincente da história da infância, e da sua educação, entre os séculos XIX e XX, voltarei a falar mais adiante.
É necessário, agora, destacar uma outra importante questão, evidenciada pela historiografia das últimas décadas:
→ a tentativa das classes dominantes, na Itália liberal e giolittiana (e mais tarde, fascista), de afirmar, universalizando-a, uma determinada identidade e imagem cultural da infância.
→ ou de constituir uma quantidade de domínios burgueses, na infância, através da imposição de uma ideologia/pedagogia da criança que responde com um comportamento relacionado ao desenho geral das burguesias de hegemonia cultural e de controle ideológico e político sobre a sociedade.
É preciso se perguntar:
→ porquê o modelo burguês, não obstante as aspirações hegemônicas cultivadas pelas classes dominantes, não conseguiu, no decorrer do século XIX e em boa parte do século seguinte, se universalizar?
→ a rondar os costumes e as práticas educativas, no que diz respeito a infância, e a incidir de maneira decisiva sobre estas «imaginário coletivo», ou seja, sobre as representações culturais das crianças?
Para compreender as razões de tais falimentos, é necessário, ao meu ver, examinar aqueles que foram os “lugares”, os instrumentos e as modalidades, através das quais, em particular, na segunda metade do século XIX.
Se procurou colocar em cena, por parte das classes dominantes, o domínio burguês sobre a infância, evidenciado pela historiografia das últimas décadas:
→ a escola, antes de tudo, como lugar de transmissão do saber, mas também, de determinados valores e modelos culturais;
→ a literatura para a infância e os livros didáticos, como também – no plano da formação de um determinado «sentimento de infância» do mundo adulto – a grande narrativa e o romance burguês do século XIX;
→ a reflexão pedagógica, em particular, aquela da imposição científico-positivista;
→ os novos saberes científicos sobre a infância que, na Itália liberal e giolittiana, assumem um específico papel social (pediatria, higiene infantil, psicologia da idade evolutiva, psicanálise, etc.);
→ a família, objeto de particular atenção, por parte de pedagogos, médicos, e escritores para a infância.
A escola
Que à escola (na escola elementar e popular, em primeiro lugar) seja atribuída às elites liberais, a tarefa de promover, junto a alfabetização e a instrução de base, o sentimento de adesão nacional, unificação cultural e civil das populações que defendem, determinados princípios e valores burgueses.
Igualmente reconhecido é o fato de que a instituição escolar não consiga realmente, pelo menos até as primeiras décadas do século XX, se assumir como lugar formativo, capaz de fazer uma corrente de transmissão, no interior das classes populares urbanas e rurais, dos valores e dos modelos culturais e educativos das classes dominantes.
→ Tornando-se o espaço e o lugar privilegiado, do processo de universalização dos valores burgueses.
E isto, não somente, para os problemas e as carências de tipo estrutural.
Ou seja, relativas a insuficiente distribuição das escolas no território, aos baixos (às vezes baixíssimos) índices de escolaridade e, em contrariedade, aos elevados percentuais de
abandono, de mortalidade escolar, de evasão, encontrados em tantas partes da península (a parte meridional, as áreas agrícolas e montanhosas, etc.)
→ mas também, e principalmente, pelo desperdício de registrar nesta escola, entre a pedagogia oficial, vinda de cima (regulamentos, programas, diretivas ministeriais, etc.), e a verdadeira e própria prática escolar.
→ Antes de tudo, a existência de um desligamento profundo entre as elaborações da pedagogia científico-acadêmica e as práticas didáticas e educativas atuais, na realidade escolar (bastaria verificar as idéias e os modelos educativos que rodeiam o editorial destinado às instrutoras e professoras de creches, ou nas revistas didáticas para os professores elementares);
→ em segundo lugar, a prevalecer, durante todo o século XIX, de concepção local dos problemas escolares, e a substancial falta de uma visão “nacional” do próprio papel e da própria função, por parte destes mesmos professores, tanto para validar a hipótese – que me parece muito compartilhada – pelo nascimento do “professor italiano”, só no final do século;
→ por último, a escassa identificação dos professores elementares, com os ideais nacionais e patrióticos, e a indiferença deles em relação aos progressos da cultura e da ciência “burguesas”;
A mesma pedagogia científica de característica positivista.
→ destinada a incidir sobre as práticas educativas e sobre as orientações escolares, acima de tudo, à partir dos últimos vinte anos do século XIX
→ Teve um acolhimento muito parcial, na concreta realidade escolar e entre os professores: se pense as brilhantes polêmicas e resistências encontradas, pelos programas Gabelli de 1888.
Se é verdade, então, que a escola representou o lugar privilegiado e cientificamente idôneo, de transmissão do modelo infantil burguês, na sociedade italiana do século XIX.
→ é igualmente verdadeiro que um processo parecido – não levou muito em consideração as tantas reconstruções da história da infância e da sua educação - demorou a se realizar.
A literatura para a infância e os livros didáticos
Pelos estudos, recentemente conduzidos, sobre estes tipos de textos, emerge, claramente, uma particular função, revestida por uma produção editorial parecida.
→ na transmissão/vinculação dos valores, dos estilos de vida, dos endereços e modelos educativos, do mesmo imaginário da infância, característicos das classes burguesas dominantes.
A impressão que fica é de, além dos valores intrínsecos, a difusão de que tal editorial aconteceu no fim do século.
→ muito mais contida e limitada de quanto, em um primeiro momento, se poderia supor.
→ se si tem presente, as miseráveis condições, no qual se davam as aulas populares, nas zonas rurais.
→ e as reais dificuldades encontradas, depois da entrada em vigor da lei Coppino (1877), pelos processos de alfabetização e de escolarização primário, nos interiores e em tantas partes da Itália centro-meridional.
→ não é exagerado fazer uma hipótese de que a circulação dos livros didáticos, e desta literatura voltada para a infância e para a juventude, tenha atingido em grande parte os centros urbanos e as áreas mais alfabetizadas da península.
→ e intestado, preferencialmente, as classes ricas e as camadas superiores da população artesã e operária.
Tal hipótese, parece encontrar uma confirmação parcial, nas repetidas denúncias sobre a carência de boas leituras, e de livros destinados à infância e à juventude pobre das áreas rurais.
→ formuladas, especialmente nos anos Setenta e Oitenta do século XIX, por educadores e associações filantrópicas, empenhadas em trabalhar no campo da instrução e educação popular.
Os novos saberes científicos sobre a infância
Encabeçando algumas pesquisas fundamentais de Michel Foucault em ordem de relação entre ciência, ideologias dominantes e controle social
→ como também, alguns recentes estudos iniciados na Itália, sobre a evolução da medicina e das ciências humanas, na segunda metade do século XIX.
A historiografia educativa, dedicou uma crescente atenção ao papel exercido pelos novos saberes científicos.
→ na determinação/difusão de específicas formas de controle do corpo e de regulamentação dos comportamentos infantis.
→ modulados com os princípios da ética e da ideologia burguesa dominante.
→ a valorização da ginástica (se pense, por exemplo, ao animado debate desenvolvido, nesta fase, sobre o significado e sobre os objetivos da educação física, na escola)
→ a função da higiene, como papel fundamental na teoria e na prática educativa.
→ o início de uma verdadeira e própria medicalização da infância, com uma conseqüente redefinição da pedagogia infantil, como clínica do desenvolvimento corporal e psíquico da criança.
Representam os diversos aspectos do processo direcionado a determinar uma específica fronteira do domínio burguês, na infância.
Também neste caso, todavia, se tem a impressão de que a assim chamada «ciência burguesa»
→ com a qual, expansão e circulação, deviam fornecer uma contribuição determinante, tanto à escola quanto a uma grande parcela editorial, de natureza educacional popular, expressamente, dedicada à divulgação cientifica.
→ não tenha conseguido, ao menos em todo o século XIX, se transformar em «saber de massa»
Ou não tenha conseguido exercitar uma real e sistemática influência.
→ sobre a mentalidade, sobre os costumes, sobre a vida individual e coletiva das classes urbanas menos ricas e, em particular, sobre algumas populações rurais.
Se trata então, de individualizar quais saberes, modelos, concessões da infância e da sua educação, ou até mesmo, alternativas, em relação aquelas burguesas dominantes.
→ tem, realmente, informado os comportamentos e as práticas, relacionando às diferentes infâncias da Itália do século XIX e dos primeiros dez anos do nosso século.
A família
→ a família representa um importante terreno para aprofundar o conhecimento e de avaliação pelo historiador da infância e da sua educação.
→ mas se configura, sem dúvida, como uma realidade difícil de ser estudada, especialmente sob o perfil das estratégias e das práticas formativas.
→ Existe antes de tudo, um problema de fonte e de documentação para analisar um contexto (familiar) privo e opaco.
→ mas se observa também, a necessidade de inserir novas metodologias de investigação, grades específicas de leitura, capazes de penetrar em um universo cultural e social que, parece ainda, sob muitos aspectos, ilusório.
Os três modelos individualizados pelas pesquisas de caráter sociológico, e feitos por diversos históricos da infância, ou seja:a «família burguês», a «família operária-popular urbana» e a «família camponesa»
→ pouco ajudam a entender, oferecem referências tão genéricas, que transgridem o genérico.
Certamente, se entende já desta sumária tipologia, que estamos diante de uma realidade muito diferente, com condições materiais de vida, formas de socialização, mas também «imaginários coletivos», quadros de referências ideais, extremamente diferentes. O que, todavia, torna mais difícil de exaurir o discurso.
→ a mesma família «burguesa», ou seja, aquela que conhece – ou acha que conhece – melhor, por uma análise, minimamente, mais atenta e detalhada. Apresenta múltiplas diferenciações e facetas.
Um só exemplo: a burguesia do Veneto pós-unificação
→ que é ligada aos módulos de um catolicismo culturalmente e politicamente conservador.
→ que se recolhe envolta da paróquia e é movida por um forte movimento antiliberal e anti-estadista.
→ que é ancorada aos valores religiosos e às próprias raízes do campo.
→ mas, ao mesmo tempo, se mostra atenta e participante da inovação e do desenvolvimento, no campo econômico e produtivo.
Esta burguesia do Veneto pós-unificação, dizia, se apresenta como uma realidade extremamente diferente, em relação à outras burguesias da península.
Agora, poderíamos nos perguntar: o seu “imaginário" sobre a infância, a sua concepção dos filhos e do cuidado dela para com a educação, as suas práticas formativas, coincidiam com aquelas apregoadas pela literatura cientifica e pedagógica de pensamento positivista?
→ me parece, pelo menos, um aspecto que se deva verificar. Mas o discurso poderia se estender, também, para outras áreas e outros grupos sociais.
Pelo que diz respeito a«família do campo», se si quer realmente compreender uma realidade tão complexa, é necessário, por parte dos historiadores da infância, ampliar as referências culturais de caráter geral.
→ Não surpreende, por exemplo, o fato de que os estudiosos tenham se ocupado da infância do campo, na Itália dos séculos XIX e XX, e tenham ignorado algo tão fundamental – do meu ponto de vista, imprescindível – contribuição direcionada ao conhecimento da realidade da vida do campo, dos últimos dois séculos, no nosso país, desde a historiografia social e religiosa. Os interiores – aqueles setentrionais e, com modalidades e ritmos diferentes, do Centro-Sul – viram se desenvolver, no século XIX, um forte e enraizado movimento social católico, iniciado pelos bispos e párocos.
→ um movimento que se alimentava dos valores e cooperações próprias da doutrina social cristã,
→ e que si fez protagonista de uma grande obra de modernização, em âmbito econômico e social e do crescimento de uma maior sensibilização civil e cultural, entre as populações agrícolas.
→ bastaria recordar a densa rede da sociedade que busca empréstimos, cooperativas de trabalho, poupanças rurais, instituições assistenciais e educativas que tiveram, na paróquia os seus pontos de referência.
Neste âmbito, a Igreja operou, profunda e freqüentemente, na função anti-burguês (intransigência católica)
→ alimentando e promovendo uma sensibilidade ético-religiosa e uma visão do homem e da sociedade, profundamente, diferente em respeito aquelas que se inspiravam nas elites burguesas dos grandes centros urbanos.
Para ampliar a investigação histórica da infância e a sua educação, na Itália, entre os séculos XIX e XX: fontes e perspectivas de pesquisa
Das observações e das críticas acima formuladas, emergem duas questões de indubitável importância, com o objetivo de pontuar melhor, a investigação histórica sobre a infância e sua educação, na Itália, entre os séculos XIX e XX:
→ antes de tudo, existe a necessidade de uma ampliação das fontes e dos documentários nos quais se baseia a pesquisa.
→ como também, de um mais orgânico e sistemático, aproveitamento das fontes já conhecidas, mas utilizadas parcialmente. È o caso, por exemplo, da literatura para a infância e dos livros didáticos, para a escola elementar:
→ uma investigação sobre estes precisos materiais editados, não podem se limitar , somente, à análise textual (conteúdos, modelos, endereços formativos)
→ mas deve necessariamente se estender à aspectos e motivos de notável importância para o historiador da infância, entre elas a difusão (tiragem, reedição, etc.) e a efetiva circulação dos textos, nos diferentes contextos sócio-culturais.
→ através da verificação, por exemplo, dos catálogos das bibliotecas escolares e populares, que circulam no meio rural, dos elencos das obras adquiridas pela sociedade operária, de socorro recíproco e das instituições para a formação do povo.
O papel exercido pela Igreja, na Itália, dos séculos XIX e XX, é outra questão relacionada a exigência de aprofundar, de maneira mais séria e sistemática, do que se fez até agora.
→ Seja no plano da construção de uma nova “imagem” da infância.
→ Seja na vertente das iniciativas assistenciais e educativas, especificamente direcionadas ao mundo infantil.
A questão das fontes e da documentação
Uma fonte completamente ignorada ainda, pelo menos no nosso país, pelos historiadores da educação e da infância, é representada pelos tratados menores destinados a família
→ ou pela grande parte das boletins informativos, e outros escritos de tiragem popular, destinados, principalmente, aos pais e as mães de família e focados na temática da vida e da educação familiar.
→ um tipo de publicação de poucas exigências, que elenca entre os seus autores: párocos, sacerdotes que cuidam da alma, religiosos, expoentes do catolicismo laico.
→ e que se comunicam com um público de leitores muito diversificado: camponeses, artesãos, empregados e comerciantes.
→ para os quais fornece indicações e sugestões de caráter prático/operacional sobre o modo mais idôneo de como crescer e educar os filhos, de promover e salvaguardar a harmonia do núcleo familiar, para orientar a prole de acordo com as doutrinas cristãs e para a prática religiosa, para os estudos, para o comportamento na sociedade, para o trabalho e escolhas profissionais. Na Itália, um recenseamento de tais publicações, permitiu individualizar, relativamente ao século XIX, mais de 500 obras favoráveis a tal gênero:
→ obras escritas com um linguajar simples, tipografia e editorial modestos, e de custo, na maioria das vezes, irrisório.
→ que conheceram, depois da Unificação, e até a primeira Guerra Mundial, uma propagação crescente e testemunhada, entre outros, pelas freqüentes impressões e edições (alguns títulos foram reeditados até seis vezes, no decorrer de uns sessenta anos.
Dois aspectos menos relativos desta produção editorial, merecem ser assinalados:
→ a freqüente presença de textos dedicados à família do campo, e redigidos, em geral, no interior.
→ e a predominante presença, entre os editores e/ou impressos das casas editoriais católicas e de tipografias episcopais ou pertencentes à instituições religiosas (Salesianos, Esculápios, Jesuítas, etc.).
Por isso, que se atem à veiculação de modelos, estilos educativos, práticas formativas destinadas à infância e juventude. Importantes idéias e indicações, podem ser tiradas da assim chamada literatura devota:
→ também neste caso, se trata de um gênero de publicação pouco explorado pelos historiadores da educação e da infância.
→ dirigido a todas as camadas da população, e caracterizada também, nos séculos XIX e XX, por uma enorme propagação.
→ a literatura devota teve os seus privilégios, quando livre de circular pelas paróquias e instituições de caráter religioso.
→ ela se caracteriza, não somente pela sua finalidade, que é aquela de edificação espiritual e de comprometimento com o exercício das práticas religiosas.
→ mas também pelo seu específico intuito educativo, ou seja, como instrumento privilegiado de transmissão de linhas e modelos de comportamento, coerentes com a fé cristã.
As obras de devoção, tornaram-se então, meios de transmissão de valores religiosos e de princípios éticos, com o objetivo, não somente, de nutrir fortalecer a vida com a piedade de alguns fiéis, mas de orientar e moldar os comportamentos sociais.
Regras e normas de vida, se apresentam como breves códigos de comportamento no qual os princípios cristãos e modelos normativos da vida social, freqüentemente, se entrelaçam.
Um pensamento particular, no âmbito da literatura devota, è aquele das hagiografias populares:
→ se trata das assim chamadas, Vidas dos santos, um gênero de publicação destinado , principalmente, às camadas mais baixas da população, com a finalidade de reforçar a ideologia cristã.
Difundidas desde o fim da antiguidade, as Vidas dos santos conheceriam no dia seguinte ao Concilio di Trento (1545-1563), uma nova e mais ampla disseminação.
→ em sintonia com os propósitos penetrados pelo cristianismo, entre as classes populares e nas periferias, e com a renovação do costume e dos modelos de vida assumidos pela Igreja, na era do confessionário.
Depois da Revolução Francesa, e por todo o século XIX, as Vidas dos santos gozaram de renomada sorte.
→ e tiveram uma circulação de interesse em todas as camadas da população, seja urbana seja rural.
O hagiógrafo constrói a Vida do santo segundo um modelo típico, com uma estrutura narrativa que obedece a precisos estereótipos:
→ o exercício das virtudes humanas e cristãs;
→ a prática religiosa;
→ o comportamento público;
→ o relacionamento com o próprio corpo;
→ o comportamento diante as doenças, desventuras, e as dificuldades cotidiana;
→ as escolhas em relação ao estado de vida, ao futuro, etc.
Próprio a sistemática e convencional repetição de tais aspectos e motivos, em todas as hagiografias populares, permite, por exemplo, analisar em um longo período a evolução de determinados ideais e modelos educativos.
→ como também, uma maior ou menor incidência sobre os costumes e as práticas formativas.
Neste quadro, uma importância particular toma conta do espaço (assim como, nas Vidas dos santos publicadas no século XIX, e muito significativas) de acordo com as hagiografias populares a narração da infância e da juventude do santo, ou «criança santa».
Aqui o propósito de fornecer um modelo de comportamento infantil para imitar, se faz necessário a característica repetitiva e convencional das narrações hagiográficas, que consente ao historiador, de verificar a persistência e /ou a mudança no tempo, de algumas dimensões e características do ideal educativo proposto pela infância.
Pelas suas características, uma fonte como as Vidas dos santos pode ser utilizada também, para realçar a evolução, por um longo período, pela concepção da criança e de um significado geral, atribuído a infância, pelo mundo adulto.
Novas perspectivas de pesquisa: o papel da Igreja
O aprofundamento do papel exercitado pela Igreja no setor de assistência e educação infantil, na Itália, entre os séculos XIX e XX, implica em:
→ o início da investigação sistemática sobre as diferentes instituições e experiências de animação religiosa e de catequeses promovidas por dioceses e paróquias, destinadas principalmente a infância e a juventude.
Se pensa, por exemplo, a uma enorme e articulada rede.
→ de horários paroquiais
→ de escolas domenicais de catequismo
→ de jovens associações religiosas
→ das congregações marianas (em particular, S. Luigi Gonzaga direcionadas às juventudes de ambos os sexos)
→ das seções locais da Ação Católica da juventude masculina e feminina
Se trata de instituições e iniciativas que tiveram uma reconhecida abrangência no plano educativo, mas as quais não dispomos ainda de estudos que consentem uma plena avaliação:
→ o tipo de proposta e os modelos formativos
→ a incidência local e nacional
→ a evolução institucional e dos endereços e programas educativos por um longo período
→ a pesquisa sobre este assunto poderia se valer da rica documentação, ainda, na sua maior parte inexplorada, conservada nos arquivos das dioceses e paróquias.
→ como também as grandes massas de impressos, boletins, publicações periódicas de caráter local e nacional, promovidos por eventuais organismos que coordenam tais iniciativas (é o caso, por exemplo, alguns oradores, algumas congregações marianas e alguns grupos de Ação Católica).
Uma outra e importante linha de investigação:
→ as experiências e iniciativas de alguns institutos religiosos masculinos e, acima de tudo, femininos que, no decorrer dos séculos XIX e XX se dedicaram, principalmente:
→ ao cuidado e a assistência da infância (creches, escolas maternas, orfanatos, etc.).
→ a instrução e a educação da juventude das diferentes classes (escolas, faculdades, conservatórios e educandários femininos, etc.).
→ a animação religiosa e a catequese nas paróquias.
→ sobre este assunto, disponibilizamos notáveis sínteses e algumas significativas pesquisas locais, ao menos pelo que diz respeito ao século XIX.
→ mas falta muito ainda para fazer, principalmente, em relação a obra assistencial e educativa, desenvolvida pelas congregações religiosas do século XX.
As fontes e a documentação:
→ sistemática organização da documentação conservada junto aos arquivos gerais, provinciais e locais de diversos institutos (regulamentos, programas didáticos e educativos, elencos de livros didáticos e de leitura, relações das atividades formativas desenvolvidas pelas instituições locais, estatísticas sobre os alunos e notícias sobre a condição e origem social dos alunos, etc.).
Os objetivos da investigação:
→ avaliar plenamente as características e dimensões da obra assistencial e formativa, desenvolvida pelos religiosos e pelas diversas instituições e iniciativas para a infância, promovidas por estes.
Por fim, necessita de uma investigação mais ampla, que se proponha a fazer emergir, apesar dos esforços substancias em uma área assistencial e educativa, a contribuição oferecida pela Igreja entre os séculos XIX e XX.
→ a construção de uma nova “imagem” da infância.
→ o amadurecimento de um “sentimento” diferente por parte dos adultos em relação ao mundo infantil dos séculos anteriores.
Estender a pesquisa a aspectos, modalidades e planos de experiência religiosa e da prática devoção, por muito tempo ignorados – ou prejudicialmente recusados – por certa historiografia:
Neste sentido, são muitos os sinais que testemunham o amadurecer, já à partir da primeira metade do século XIX, de um novo «sentimento de infância» no interior do catolicismo italiano
→ a crescente atenção para os problemas da educação, e da instrução infantil, com a conseqüente superação das lógicas meramente assistenciais, próprias da fase anterior;
→ emergir em uma catequese, com uma formação de juventude cristà, que é cada vez mais atenta aos dinamismos psicológicos do menino e a exigência de favorecer uma real interiorização da fé, com a qual responde com gradual abandono dos endereços e modelos da catequese tradicional;
→ a superação da espiritualidade austera, de matriz rigorosa, típica do século XVIII e a introdução, desde os primeiros anos do século XIX, de uma piedade cristã que se nutri dos escritos espirituais de François de Sales, de Filippo Neri, de Alfonso Maria de’ Liguori;
→ e que reflete também no terreno educativo (na educação da infância e da juventude) motivos pelos quais a doçura, a benevolência, a bondade, próprias da perspectiva espiritual daqueles autores;
→ a progressiva propagação de uma prática de devoção, em sintonia com as exigências das classes populares e, em grande parte, atentas a própria sensibilidade das crianças e dos meninos;
→ com uma notável sorte, registrada pelas novas devoções, centralizadas na família e na infância, entre as quais: a Sagrada Família, o Anjo Guardião, o Menino Jesus, por São Jose (cujo se olha como modelo de caridade e doçura paterna);
→ Por fim, a propagação de uma iconografia religiosa que se enriquece de imagens infantis e familiares (os “santinhos” e as “devotas imagenzinhas”).
Todos os aspectos e motivos que testemunham o amadurecimento de uma nova sensibilidade pastoral e educativa, dentro da igreja, destinada a interferir com a mesma percepção da infância e dos seus problemas.
A recente historiografia religiosa elaborou a hipótese de uma grande quantidade de « feminilização do catolicismo entre os séculos XVIII e XIX».
→ uma hipótese interessante e sugestiva.
→ a « feminilização do catolicismo» foi verificada com base em uma fase histórica que registrou uma afirmação gradual, em todos os níveis (institucional, jurídico, econômico, da mesma esfera dos comportamentos privados), do autoritarismo e do paternalismo de matriz burguesa.
Me parece que a pesquisa histórica sobre a infância e sobre a educação se deva mensurar
→ com uma profunda mudança de costume eclesiástico e pastoral
→ e com as maiores transformações que marcaram a cultura e a experiência religiosa contemporânea (séculos XIX-XX)
Obrigado pela atenção!
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Bachelor's degree - Università Degli Studi di Trieste
Experience
Years of experience: 10. Registered at ProZ.com: Oct 2024.