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English to Italian: The Virtual Hand Illusion in Obesity: Dissociation Between Multisensory Interactions Supporting Illusory Experience and Self-Location Recalibration General field: Medical Detailed field: Psychology
Translation - Italian L’illusione della mano virtuale nell’obesità: dissociazione tra interazioni multisensoriali a supporto dell’esperienza illusoria e ri-calibrazione della localizzazione corporea
Abstract
L’illusione della mano di gomma (RHI) è ampiamente utilizzata per studiare i meccanismi di integrazione multisensoriale che supportano la consapevolezza corporea e, più specificamente, il possesso del corpo e la sua localizzazione. E’ stato studiato come gli individui affetti da obesità mostrino processi di integrazione multisensoriale anomali. Noi proponiamo che questi cambiamenti indotti dall’obesità possano portare ad un’inusuale suscettibilità all’RHI e ad un’anomala percezione corporea. Per provare questa ipotesi, abbiamo somministrato una versione modificata dell’RHI (utilizzando un’immagine della mano del soggetto partecipante) ad individui affetti da obesità e a soggetti con peso forma ottimale. Durante la stimolazione sincrona ed asincrona, abbiamo confrontato l’esperienza illusoria del soggetto (utilizzando un questionario) e l’effetto dell’illusione sulla localizzazione corporea (ossia la deviazione propriocettiva). In conformità con la fenomenologia dell’illusione, entrambi i gruppi hanno avuto un’esperienza illusoria soggettiva comparabile dopo la stimolazione sincrona. Nonostante ciò, gli individui affetti da obesità hanno mostrato una minore ri-calibrazione della localizzazione rispetto ai partecipanti con peso ottimale. Alla luce di una recente interpretazione dei meccanismi di integrazione multisensoriale che sono alla base dell’RHI, le nostre conclusioni suggeriscono che nei casi di obesità l’integrazione visuo-tattile a supporto dell’esperienza soggettiva di illusione è preservata, mentre l’integrazione visuo-propriocettiva per la localizzazione è ridotta.
Parole chiave
Integrazione multisensoriale, obesità, illusione della mano di gomma, consapevolezza corporea, rappresentazione corporea
1. Introduzione
La consapevolezza corporea è una forma somatica di autoconoscenza che descrive lo stato attuale del corpo di una persona (Bermúdez, 1998; Legrand, 2006; Riva et al., 2016). Si consegue tramite l’integrazione multisensoriale degli stimoli corporei (Blanke, 2012; Blanke et al., 2015; Ehrsson, 2012; Makin et al., 2008). La consapevolezza corporea è un costrutto multidimensionale che comprende esperienze di possesso del corpo (ownership), agency (controllo del corpo) e localizzazione corporea (location) (Longo et al., 2008; Serino et al., 2013). Nell’RHI, il tocco contemporaneo della mano di gomma visibile con la mano reale (nascosta) induce la maggior parte delle persone a sentire che la mano finta sia loro ed a percepire che la mano reale sia posizionata più vicino alla mano di gomma (Botvinick e Cohen, 1998). La manipolazione del possesso corporeo e della localizzazione durante l’RHI è stata ampiamente utilizzata per studiare i meccanismi che supportano la consapevolezza corporea (Blanke, 2012; Ehrsson, 2012). L’RHI è basata sull’integrazione di visione, tatto e propriocezione. Il conflitto percettivo tra la localizzazione visiva e quella propriocettiva della mano viene risolto attribuendo lo stimolo somatosensoriale e visivo allo stesso evento percettivo (Blanke, 2012; Ehrsson, 2012). Pertanto, l’RHI si verifica solamente quando la mano reale e quella finta vengono toccate sincronicamente (con asincronia a esordio dello stimolo inferiore ai 300 ms; Bekrater-Bodmann et al., 2014; Shimada et al., 2014), poiché gli stimoli asincroni non possono essere integrati. Conseguentemente, l’integrazione multisensoriale degli stimoli corporei è necessaria affinché si verifichi l’esperienza dell’RHI (Blanke, 2012; Costantini et al., 2016; Ehrsson, 2012). I processi di integrazione multisensoriale alterati sono stati relazionati ad un’atipica suscettibilità all’RHI in casi di disturbo dello spettro autistico (Cascio et al., 2012), schizofrenia (Thakkar et al., 2011), disturbo dismorfico del corpo (Kaplan et al., 2014), disordini alimentari (Eshkevari et al., 2012; Keizer et al., 2014), sclerosi multipla (Nava et al., 2018) e morbo di Parkinson (Ding et al., 2017). L’elaborazione alterata delle informazioni multisensoriali è stata riscontrata anche nell’obesità (Scarpina et al., 2016; Wan et al., 2014); una condizione medica caratterizzata da un accumulo eccessivo di grasso corporeo (vedi Nota 1) (World Health Organization, 2018). Conseguentemente, si potrebbe ipotizzare che la consapevolezza corporea sia influenzata dall’obesità, specialmente in virtù del fatto che l’obesità è caratterizzata da altri disturbi di rappresentazione corporea (Sarwer et al., 2005; Schwartz e Brownell, 2004). Ad esempio, gli individui affetti da obesità spesso sovrastimano la grandezza del loro corpo (Collins et al., 1987; Docteur et al., 2010; Gardner et al., 1989; Garner et al., 1976; Thaler et al., 2018) e sovrastimano o sottostimano le dimensioni fisiche di singole parti del corpo (Cappon and Banks, 1968; Garner et al., 1976; Kreitler and Chemerinski, 1990; Pearlson et al., 1981; Scarpina et al., 2014; Valtolina, 1998). Inoltre, spesso presentano un’immagine corporea emotiva negativa, caratterizzata da sentimenti di ostilità e atteggiamenti avversi, unita ad un livello estremamente alto di insoddisfazione corporea (Brodie e Slade, 1988; Friedman e Brownell, 1995; Schwartz e Brownell, 2004;Weinberger et al., 2016). In più, l’alta diffusione di depressione e la bassa autostima, che sono comuni nell’obesità, sembrano essere legate all’insoddisfazione corporea (Friedman et al., 2002) ed influenzano negativamente i trattamenti di perdita di peso e mantenimento di perdita del peso (Cooper e Fairburn, 2001; Foster et al., 1997; Weinberger et al., 2016).
Per ciò che concerne l’obesità, non esistono studi precedenti sulle conseguenze che questa anormale elaborazione multisensoriale ha sulla consapevolezza corporea, né sulla suscettibilità all’RHI. L’obiettivo di questo lavoro è determinare se la manipolazione della consapevolezza corporea provocata dall’RHI si differenzia tra individui affetti da obesità ed individui con perso forma ottimale. La coincidenza temporale è stata identificata come uno dei fattori più importanti al fine di determinare se l’integrazione multisensoriale si stia verificando o meno (Stein e Meredith, 1993). Comunque, non è necessaria una sovrapposizione temporale stringente, dal momento che il sistema percettivo è in grado di assorbire un certo grado di asincronia, specialmente tra input multisensoriali correlati. Di fatti, gli stimoli possono essere riportati come simultanei anche quando sono presentati con un certo ritardo (delays) (ad esempio, vedi Zampini et al., 2005). L’intervallo di tempo più lungo affinché due stimoli siano comunque integrati è chiamato temporal binding window (Stevenson e Wallace, 2013). Una ricerca preliminare riporta che individui affetti da obesità hanno una temporal binding window più ampia rispetto ad individui con peso ottimale (Scarpina et al., 2016). Conseguentemente, gli individui affetti da obesità potrebbero collegare l’informazione percettiva conflittuale generata dall’RHI con una maggiore discrepanza temporale (ad esempio nella stimolazione asincrona) rispetto agli individui con peso forma ottimale. Pertanto, ci aspettiamo che l’RHI possa comparire anche durante la stimolazione asincrona.
La somiglianza tra la comparsa della mano finta e la mano di gomma è una condizione fondamentale per l’inizio dell’illusione (Tsakiris e Haggard, 2005). Pavani e Zampini (2007) hanno dimostrato che l’illusione scompare quando gli individui vedono l’immagine di una mano che è più piccola di quella reale. Generalmente, nell’obesità le dimensioni fisiche sono maggiori del normale. Pertanto, una mano artificiale di grandezza standard sarebbe più piccola e di forma diversa rispetto alla mano reale del soggetto, con la possibilità di impedire l’inizio dell’illusione. Tenendo ciò in considerazione, a posto della mano di gomma, per questo studio abbiamo utilizzato immagini a grandezza naturale della mano dei partecipanti (Ijsselsteijn et al., 2006; Pavani e Zampini, 2007; Tsakiris et al., 2006), al fine di garantire la coerenza anatomica tra la mano del partecipante e la mano finta. A seguito della stimolazione visuo-tattile sincrona ed asincrona, abbiamo preso in considerazione due risultati dell’illusione. Primo, abbiamo adottato un questionario di autovalutazione (adattato da Pavani e Zampini, 2007) per investigare i tipici effetti percettivi associati all’esperienza dell’illusione, fornendone così una misurazione soggettiva esplicita (Botvinick e Cohen, 1998; Ehrsson, 2012; Tsakiris e Haggard, 2005). Secondariamente, abbiamo misurato l’errore di localizzazione della mano reale verso quella virtuale (ossia la deviazione propriocettiva), in quanto considerata una misurazione oggettiva implicita dell’illusione (Botvinick e Cohen, 1998; Ehrsson, 2012; Tsakiris e Haggard, 2005). Secondo la nostra ipotesi, facendo un paragone con gli individui con peso ottimale, ci aspettiamo che i partecipanti con obesità abbiano un’esperienza soggettiva dell’illusione più alta (ossia una classificazione più alta nel questionario di autovalutazione) e che localizzino erroneamente la mano reale verso quella virtuale in maniera maggiore (mostrando quindi una deviazione propriocettiva più alta) nella stimolazione asincrona.
Si è riscontrato come, negli individui con peso ottimale, la suscettibilità sensoriale alle sensazioni simulate sia positivamente relazionata alla forza soggettiva dell’illusione (Marotta et al., 2016). Di conseguenza, le possibili differenze nella suscettibilità all’illusione tra i nostri gruppi potrebbero essere spiegate tramite una diversa propensione generale all’esperienza di finte stimolazioni sensoriali, piuttosto che essere strettamente legate all’esperimento. Abbiamo utilizzato la Scala di Suscettibilità Sensoriale (Gheorghiu e Huebner, 1992) per comparare la propensione degli individui con peso ottimale e di quelli con obesità alla sperimentazione di finte percezioni sensoriali.
2. Materiali e Metodi
2.1. Partecipanti
Ventuno partecipanti affetti da obesità hanno volontariamente preso parte allo studio presso l’ IRCCS Istituto Auxologico Italiano — Ospedale San Giuseppe (Piancavallo,
Oggebbio, Italy), poco prima di iniziare un programma riabilitativo di perdita del peso. Venti individui con peso forma ottimale sono stati reclutati presso l’Università di Trento o tra i contatti personali degli sperimentatori e ricompensati con crediti accademici o compenso economico (7 euro) (Vedi Tabella 1 per le informazioni demografiche riguardanti i due gruppi). Tutti i partecipanti sono destrimani. I test U non parametrici di Mann-Whitney hanno rivelato che i due gruppi hanno età comparabili (U=158, z=-1,36, test a due code esatto p=0,18, r=0,21), mentre i partecipanti con peso ottimale hanno nettamente più anni di studio (U=78,5, z=-3,58, test a due code esatto p=0,001, r=0,56). In più, come previsto, un t-test ha rivelato che l’Indice di Massa Corporea (IMC/BMI) (Nota 1) è significativamente più elevato per il gruppo dei soggetti con obesità rispetto a quelli con peso ottimale (t(27.64) =−14.77, p = 0.001, d = 4.4). La presenza di qualsiasi impedimento neurologico, motorio e/o sensoriale è stata un criterio di esclusione.
Nessuno dei partecipanti era a conoscenza delle ragioni logiche alla base dell’esperimento ed ognuno di essi ha dato il suo consenso scritto. Lo studio è stato approvato dal comitato etico dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano ed è stato svolto in conformità con gli standard etici stabiliti dalla Dichiarazione di Helsinki del 1964 (recentemente modificata a Fortaleza nel 2013).
Tabella 1.
Informazioni demografiche dei due campioni: deviazione media e standard (tra parentesi) degli anni d’età, degli anni di studio e dell’Indice di Massa Corporea (BMI) in kg/m2
Immagine 1.
Illustrazione della procedura sperimentale (top) e del contesto sperimentale (bottom) durante le valutazioni propriocettive della localizzazione della mano anteriori e posteriori al test (B) e durante la stimolazione sincrona e asincrona della mano reale e di quella virtuale (A).
Il dito medio virtuale è posizionato approssimativamente a 28 cm dal dito medio reale. La mano destra del partecipante è nascosta sotto il tavolo appoggiata alle sue gambe. Il soggetto indossa un mantello nero che va dalle sue spalle al bordo dello schermo, in modo da creare un’impressione di continuità tra il corpo reale e la mano virtuale. Il paradigma dell’illusione è stato indotto seguendo studi precedenti (vedi Botvinick e Cohen, 1998; Kammers et al., 2009; Pavani e Zampini, 2007). In condizione di sincronia, i diti medi reale e virtuale vengono toccati nello stesso momento con due pennelli in direzione prossimo-distale. Approssimativamente, è stato effettuato un tocco per ogni secondo. La condizione asincrona è identica alla precedente, con la differenza che il dito reale e quello virtuale vengono toccati in maniera alternata circa ogni secondo. Lo sperimentatore ha programmato la cadenza dei tocchi attraverso un cronometro digitale. Ogni sessione di stimolazione è durata tre minuti, durante i quali al partecipante è stato richiesto di concentrarsi sull’immagine della mano e sulla sensazione tattile.
Dopo ogni sessione di stimolazione è stata determinata l’esperienza soggettiva dell’illusione tramite il Questionario sull’Illusione (Nota 2), adattato da Pavani e Zampini (2007). Il questionario indaga sulla cattura visiva della posizione della mano (domande da 1 a 3) e sulla cattura visiva del tocco (domande 4 e 5). Comprende inoltre due domande che non investigano specificamente su alcun fenomeno di cattura, ma che vengono utilizzate come domande di controllo (domande 6 e 7). Il partecipante ha risposto ad ogni domanda dando una valutazione in base ad una scala Likert di sette-valori, che vanno dal “Totale disaccordo” (ossia un’illusione debole) al “Totale accordo” (ossia un’illusione forte). Le valutazioni medie riguardanti la cattura visiva della posizione della mano e del tocco sono servite a calcolare l’indice delle Test Questions per ogni sessione di stimolazione. La media delle domande di controllo ci ha fornito l’indice delle Control Questions. Si suppone che l’indice delle Test Questions sia più alto dopo la stimolazione sincrona che dopo quella asincrona. Inoltre, si presume che l’indice delle Test Questions sia più alto dell’indice delle Control Questions dopo la stimolazione sincrona, ma non dopo quella asincrona.
Per valutare l’errore nella localizzazione della mano reale rispetto a quella virtuale, è stato somministrato un test di valutazione propriocettiva (Kammers et al., 2009; Scarpina et al., 2015) prima (pretest) e dopo (posttest) le stimolazioni sincrone ed asincrone. Il partecipante ha posizionato la mano sinistra all’interno della scatola di legno. Il coperchio della scatola nascondeva alla sua vista sia la mano virtuale che quella reale. Lo sperimentatore muoveva un ago lungo il bordo della scatola opposto al partecipante, chiedendo al soggetto di fermare l’ago quando percepiva fosse allineato con il dito medio sinistro. Lo sperimentatore faceva scorrere l’ago ad un ritmo costante, iniziando da destra o da sinistra in maniera casuale. Ogni partecipante ha effettuato dieci valutazioni propriocettive prima e dopo ogni sessione di stimolazione. Dopo ogni valutazione lo sperimentatore registrava la risposta del partecipante tramite un metro di carta fissato sul bordo della scatola. I valori più bassi sul metro indicano uno spostamento verso l’immagine virtuale della mano. Il partecipante è stato incoraggiato ad effettuare ogni valutazione secondo la sua effettiva percezione della localizzazione della mano, evitando di utilizzare una qualsiasi strategia o punti di riferimento esterni. La mancata corrispondenza tra la localizzazione percepita della mano reale e di quella virtuale è considerata una misura comportamentale oggettiva dell’illusione (per approfondimento, vedi Ehrsson, 2012). Pertanto, secondo studi precedenti (Botvinick e Cohen, 1998; Kammers et al., 2009; Longo et al., 2008; Tsakiris e Haggard, 2005), l’errore nella localizzazione della mano rispetto a quella virtuale dovrebbe essere significativamente maggiore dopo la stimolazione sincrona piuttosto che dopo quella asincrona, come conseguenza di un’illusione efficace.
Scala di suscettibilità sensoriale (Gheorghiu e Huebner, 1992). Questo test è composto da quattordici prove nelle quali lo sperimentatore provoca sensazioni tattili, visive, uditive e di gusto nel partecipante, attraverso stimolazioni ad hoc ed indicazioni verbali. In dieci delle quattordici prove, le sensazioni non sono fisiologicamente plausibili (Esercizi Sperimentali). Ad esempio, lo sperimentatore sottolinea come la stimolazione delle diverse parti della lingua permetta di ottenere diverse sensazioni di gusto (dolce o salato). In seguito, lo sperimentatore chiede al partecipante di toccarsi i denti con il lato e la punta della lingua e di indicare quanto intensa è stata la sensazione di gusto (finta) che ha provato. Al contrario, negli Esercizi di Controllo le sensazioni sono determinate fisiologicamente, come udire un fruscio quando ci si tocca le orecchie con le mani. Dopo ogni prova, il partecipante valuta la nitidezza della sensazione sulla base di una scala Likert di cinque punti, che vanno da zero “Nessuna sensazione” a quattro “Sensazione intensa”.
Per questo studio sono stati calcolati due indici: la valutazione media degli Esercizi Sperimentali e quella degli Esercizi di Controllo. Si prevede che gli individui più suggestionabili dal punto di vista sensoriale, ossia quelli più predisposti ad avere finte percezioni, diano valutazioni più alte negli Esercizi Sperimentali rispetto a coloro che lo sono di meno. Al contrario, si prevede che tutti gli individui forniscano valutazioni elevate negli Esercizi di Controllo.
2.3. Procedura
Dopo che è stata loro presentata la procedura sperimentale, i partecipanti leggono e firmano il consenso informato. Successivamente, lo sperimentatore scatta una fotografia della mano sinistra e modifica l’immagine come descritto in precedenza. Al partecipante viene detto di mettere la mano sinistra sopra la piattaforma all’interno della scatola di legno chiusa e di rimanere immobile finché non riceverà ulteriori indicazioni. Il partecipante svolge la prova pretest di valutazione propriocettiva; poi, gli/le viene chiesto di chiudere gli occhi mentre il coperchio della scatola viene rimosso e il pannello di legno viene posizionato tra la mano reale e lo schermo. Viene quindi testato il paradigma dell’illusione. Dopo tre minuti di stimolazione, al partecipante viene chiesto di chiudere di nuovo gli occhi finché la scatola non è pronta per l’esecuzione della prova posttest di valutazione propriocettiva. Infine, il partecipante è incoraggiato a muovere la mano mentre completa il Questionario sull’Illusione.
La Scala di Suscettibilità Sensoriale (Gheorghiu and Huebner, 1992) viene eseguita dopo il paradigma dell’illusione al fine di evitare qualsiasi effetto di confusione sulla suscettibilità all’illusione.
3. Risultati
3.1. Il Paradigma della Mano di Gomma
3.1.1. Questionario sull’Illusione
Per studiare la forza dell’illusione in ognuno dei due gruppi, sono state comparate le risposte alle Test Questions in condizione di sincronia ed asincronia. Inoltre, le risposte alle Test e Control Questions sono state comparate per ogni condizione (Immagine 2). I dati sono stati analizzati tramite dei sign-test non parametrici esatti, poiché le variabili sono numeri ordinali e la maggioranza delle distribuzioni non è simmetrica. Nel gruppo con peso ottimale, la valutazione mediana delle Test Questions in condizioni di sincronia (mediana = 2,9) è significativamente più alta (test a due code esatto p = 0.008, PSdep = 0.8) rispetto a quelle di asincronia (mediana = 1.6). In condizioni di sincronia, la valutazione mediana delle Test Questions (mediana = 2.9) è significativamente più alta (test a due code esatto p = 0.001 PSdep = 0.85) rispetto a quella delle Control Questions (mediana = 1). Al contrario delle aspettative, la valutazione mediana delle Test Questions (mediana = 1.6) è più alta (test a due code esatto p = 0.004, PSdep = 0.8) rispetto a quella delle Control Questions (mediana = 1) anche in condizioni di asincronia. Pertanto, com’era peraltro atteso, nei partecipanti con peso ottimale l’esperienza soggettiva dell’illusione è maggiore dopo la stimolazione sincrona piuttosto che dopo quella asincrona. Comunque, è stato individuato un leggero effetto illusionorio anche dopo la stimolazione asincrona.
Immagine 2.
Il grafico mostra le valutazioni delle Test Questions e delle Control Questions nel Questionario sull’Illusione in base al gruppo in esame e alle condizioni di stimolazione. I trattini indicano i valori delle mediane. Le croci indicano i valori anomali; dato che w è la massima lunghezza del baffo (whisker) (+/−2.7σ ), e q1 e q3 sono il 25mo ed il 75mo percentile dei dati raccolti, i valori superiori a q3+w ×(q3−q1) o inferiori a q1−w ×(q3− q1) sono stati considerati valori anomali.
Nei soggetti con obesità, la valutazione mediana delle Test Questions in condizioni di sincronia (mediana = 1.6) è significativamente più alta (test a due code esatto p = 0.022, PSdep = 0.71) rispetto a quelle di asincronia (mediana = 1). Inoltre, in condizioni di sincronia, la valutazione mediana delle Test Questions (mediana = 1.6) è significativamente più alta (test a due code esatto p = 0.003, PSdep = 0.76) rispetto a quella delle Control Questions (mediana = 1). Conversamente, non è stata riscontrata alcuna differenza (test a due code esatto p = 0.55, PSdep = 0.57) tra le valutazioni mediane delle Test Questions (mediana = 1) e delle Control Questions (mediana = 1) in condizioni di asincronia. Pertanto, negli individui affetti da obesità, la stimolazione sincrona ha suscitato un’esperienza soggettiva dell’illusione significativamente maggiore rispetto alla stimolazione asincrona.
Per confrontare l’esperienza illusoria soggettiva degli individui con peso ottimale e di quelli affetti da obesità, le valutazioni delle Test Questions relative ad ogni condizione di stimolazione sono state paragonate in maniera indipendente per entrambi i gruppi. I dati di natura ordinale sono stati analizzati tramite il test U di Mann-Whitney. L’analisi ha messo in luce come le differenze tra le mediane dei gruppi nelle valutazioni delle Test Questions non siano statisticamente significative, né per le condizioni di sincronia, né per quelle di asincronia [condizione di sincronia: Test Questions (U = 128.5, z=−1.73, test a due code esatto p = 0.084, r = 0.27); condizione di asincronia: Test Questions (U = 139.5, z = −1.46, test a due code esatto p = 0.146, r = 0.22)].
Conseguentemente, gli individui affetti da obesità e quelli con peso ottimale hanno avuto un’esperienza soggettiva dell’illusione simile in entrambe le condizioni di stimolazione.
3.1.2. Deviazione propriocettiva
I singoli pretest e posttest per le valutazioni propriocettive in condizioni di sincronia ed asincronia sono stati analizzati al fine di individuare possibili valori anomali. Sono definiti valori anomali quelli più alti o più bassi del doppio della deviazione standard rispetto alla media delle valutazioni propriocettive dei partecipanti relative ad ogni specifica sessione e ad ogni condizione di stimolazione. Mediamente, la percentuale delle valutazioni propriocettive escluse è di 1,9% per il gruppo con obesità e di 0,88% per quello con peso ottimale. Gli errori nella valutazione propriocettiva sono stati calcolati sottraendo la misura della posizione percepita della mano a quella della sua posizione reale in ogni momento (pretest e posttest) ed in ogni condizione (sincrona e asincrona) della stimolazione. Un errore vicino allo zero indica che la mano è più o meno percepita nella sua posizione reale. Un errore positivo indica un errore di localizzazione della mano reale verso quella virtuale e viceversa (Pavani e Zampini, 2007; Tsakiris e Haggard, 2005). Al fine di controllare la capacità di base dei due gruppi nel localizzare il proprio corpo nello spazio, sono stati effettuati dei t-test ad un solo campione per comparare allo zero gli errori nella valutazione propriocettiva dei pretest e dei posttest, sia in condizioni di sincronia che di asincronia (Immagine 3). Nei soggetti con obesità, gli errori nella valutazione propriocettiva dei pretest e dei posttest non sono significativamente diversi dallo zero per nessuna delle due condizioni {stimolazione sincrona: pretest [M (SD) = 0.52 (2.97), t(20) = 0.81, p = 0.429, d = −0.18]; posttest [M (SD) = 1.01 (2.97), t(20) = 1.56, p = 0.133, d =−0.34]; condizione asincrona: pretest [M (SD) = 0.50 (2.47), t(20) = 0.93, p = 0.365, d = −0.2]; posttest [M (SD) = 0.20 (2.44), t(20) = 0.37, p = 0.715, d =−0.08]}. Al contrario, nei partecipanti con peso ottimale gli errori nella valutazione propriocettiva sono stati significativamente diversi dallo zero {condizione sincrona: pretest [M (SD) = 1.04 (2.01), t(19) = 2.30, p = 0.033, d = −0.5]; posttest [M (SD) = 2.88 (2.8), t(19) = 4.60, p = 0.001, d = −1.03]; condizione asincrona: pretest [M (SD) = 1.72 (2.71), t(19) = 2.84, p = 0.01, d = −0.63]; posttest [M (SD) = 2.24 (2.79), t(19) = 3.58, p = 0.002, d =−0.8]}.
Immagine 3.
Il grafico a barre mostra gli errori di valutazione propriocettiva in ogni momento (pretest e posttest) e in ogni condizione di stimolazione (sincrona e asincrona), sia per gli individui con peso ottimale che per i partecipanti con obesità. Gli asterischi indicano che la grandezza dell’errore è significativamente diversa dallo zero (∗α = 0.05; ∗∗α = 0.0125, corretto per confronti multipli).
Nonostante ciò, se viene applicata la correzione per confronti multipli di Bonferroni (α = 0.0125), l’errore nella valutazione propriocettiva del pretest della stimolazione sincrona non è più significativamente diverso da zero.
Per riassumere, gli individui con obesità sono stati abbastanza precisi nel valutare la posizione della mano in ogni momento e in ogni condizione della stimolazione, mentre gli individui con peso ottimale tendono a localizzare erroneamente la posizione della mano verso quella virtuale.
Per testare l’effetto dell’illusione sull’auto-localizzazione, è stata calcolata la deviazione propriocettiva sottraendo l’errore di valutazione del pretest a quello del posttest in ogni condizione della stimolazione (Tsakiris e Haggard, 2005) (Tabella 2, Immagine 4). Un valore positivo indica che l’errore nella localizzazione della mano verso quella virtuale è maggiore dopo la stimolazione piuttosto che prima. Più alta (positiva) è la deviazione propriocettiva, maggiore è l’errore nella localizzazione della mano reale verso quella virtuale dopo la stimolazione. Pertanto, a causa dell’illusione, ci si attende una maggiore (positiva) deviazione propriocettiva dopo la stimolazione sincrona piuttosto che dopo quella asincrona.
Tabella 2.
Deviazioni medie e standard (tra parentesi) della deviazione propriocettiva negli individui con obesità e peso ottimale dopo le stimolazioni sincrona ed asincrona.
Immagine 4.
Il grafico a linee rappresenta la deviazione propriocettiva per entrambi i gruppi e per entrambe le condizioni di stimolazione.
I dati sono stati normalmente distribuiti (Shapiro–Wilk test, p > 0.05). La deviazione propriocettiva è stata inserita in un modello ANOVA a disegno misto 2 × 2, in cui la Condizione (sincrona vs asincrona) è il fattore di variazione all’interno dei gruppi (within-subjects), mentre il Gruppo (obesità vs peso ottimale) è il fattore di variazione fra i gruppi (between-subjects). L’analisi ha mostrato un significativo effetto della Condizione (F1,39 = 7.47, p = 0.009, η2 = 0.16), indicando che l’errata localizzazione della mano reale verso quella virtuale è maggiore dopo la stimolazione sincrona [media marginale (SE) = 1.16 (0.27)] rispetto a quella asincrona [media marginale (SE) = 0.11 (0.23)], a prescindere dal gruppo di appartenenza. Inoltre, l’analisi ha mostrato un significativo effetto del Gruppo (F1,39 = 11.69, p = 0.001, η2 = 0.23), indicando che l’effetto dell’illusione sull’errata localizzazione della mano verso quella virtuale è maggiore nei partecipanti con peso ottimale [media marginale (SE) = 1.18 (0.23)] rispetto agli individui con obesità [media marginale (SE) = 0.09 (0.22)], indipendentemente dalle condizioni di stimolazione. L’effetto dell’interazione Condizione × Gruppo non è stato significativo (F1,39 = 0.46, p = 0.50, η2 = 0.01).
3.2. Scala di Suscettibilità Sensoriale
Per individuare differenze significative nella tendenza a sviluppare finte percezioni sensoriali tra gli individui con peso ottimale e quelli affetti da obesità, i dati espressi in numeri ordinali sono stati analizzati tramite il test U di Mann-Whitney. Il valore mediano degli Esercizi di Controllo è stato significativamente più alto (U = 129.5,
z = −2.12, r = 0.33) per il gruppo dei soggetti con peso ottimale (mediana = 1.75) rispetto a quello degli individui affetti da obesità (mediana = 1.5). Il valore mediano degli Esercizi Sperimentali è stato simile (U = 144, z = −1.72, r = 0.27) per gli individui con peso ottimale (mediana = 1.04) e per quelli affetti da obesità (mediana = 0.6). Pertanto, i due gruppi hanno una propensione similare a sviluppare finti stimoli sensoriali, nonostante gli individui affetti da obesità siano meno suscettibili ad esperienze sensoriali reali.
3.3. Correlazioni
Per studiare il ruolo delle differenze individuali nell’ambito della suscettibilità all’illusione, sono stati calcolati i coefficienti di correlazione r di Spearman in maniera indipendente per ogni gruppo. Sono stati comparati i punteggi degli Esercizi Sperimentali nella Scala di Suscettibilità Sensoriale, gli anni di studio e l’Indice di Massa Corporea con i punteggi delle Test Questions nel Questionario sull’Illusione e la deviazione propriocettiva in entrambe le condizioni di stimolazione. E’ stata applicata la correzione per confronti multipli di Bonferroni (α = 0.0042). Non è stata individuata alcuna correlazione in nessuno dei due gruppi (Tabella 3). E’ interessante notare come l’assenza di correlazioni implichi che il comportamento dei partecipanti durante l’illusione non sia stato influenzato né dal livello scolastico, né dal peso dei partecipanti o dalla suscettibilità sensoriale.
4. Discussione
Lo scopo del presente lavoro è quello di studiare se la manipolazione multisensoriale della consapevolezza corporea, provocata attraverso una versione rivisitata dell’RHI (ossia utilizzando una foto della mano del partecipante invece che una mano di gomma), si differenzia tra individui affetti da obesità ed individui con peso ottimale. Abbiamo ipotizzato che, nei partecipanti con obesità, ci potrebbe essere un’illusione più forte durante la stimolazione asincrona, poiché questi potrebbero essere meno suscettibili allo stimolo asincrono rispetto agli individui con peso ottimale (Scarpina et al., 2016).
Secondo il Questionario sull’Illusione, sia i partecipanti con obesità che quelli con peso ottimale hanno riportato un’esperienza soggettiva dell’illusione comparabile. Questa era significativamente più similare dopo la stimolazione sincrona piuttosto che dopo quella asincrona.
Tabella 3.
Coefficienti di correlazione r di Spearman e valori p (tra parentesi) per anni di studi, Indice di Massa Corporea (BMI), Scala di Suscettibilità Sensoriale (SSS) – Esercizi Sperimentali, Questionario sull’Illusione – punteggi delle Test Questions e deviazione propriocettiva, in condizioni di sincronia ed asincronia per entrambi i gruppi. E’ stata applicata la correzione per confronti multipli di Bonferroni (α = 0.0042)
L’effetto dell’illusione in termini di una maggiore tendenza a localizzare in maniera errata la mano reale verso quella virtuale dopo la stimolazione sincrona piuttosto che dopo quella asincrona (Botvinick e Cohen, 1998; Pavani e Zampini, 2007), è stato osservato indipendentemente dal gruppo. Tuttavia, la ri-calibrazione della posizione percepita della mano è stata maggiore nei partecipanti con peso ottimale rispetto a quelli con obesità, a prescindere dalle condizioni di stimolazione. Pertanto, nel gruppo dei soggetti affetti da obesità, l’illusione ha avuto un effetto minore sulla localizzazione. E’ importante notare come l’effetto registrato sulla deviazione propriocettiva sia stato dipendente dall’esperimento e non relativo ad una generale diminuzione della propensione a provare sensazioni non reali. Infatti, i partecipanti con obesità e quelli con peso ottimale hanno fatto registrare una propensione simile nello sviluppare finte percezioni sensoriali, stimata attraverso la Scala di Suscettibilità Sensoriale (Gheorghiu e Huebner, 1992). Sono state riscontrate le differenze a priori nella capacità di localizzare il corpo nello spazio (ossia gli errori di valutazione propriocettiva). Gli individui con obesità hanno localizzato correttamente la mano in ogni momento e in ogni condizione di stimolazione. Al contrario, gli individui con peso ottimale hanno sempre mostrato una tendenza a localizzare la mano verso quella virtuale. Comunque, nel gruppo dei soggetti con peso ottimale, questa errata localizzazione sembra essere più elevata dopo la stimolazione sincrona. Crediamo che la differenza tra i due gruppi nella precisione delle valutazioni propriocettive non abbia influenzato significativamente i nostri risultati. Questo perché l’effetto dell’illusione è stato misurato comparando per ogni gruppo le condizioni di sincronia ed asincronia. Pertanto, questo calcolo non dovrebbe essere influenzato dal fatto che i due gruppi presentino sistematicamente, per ogni momento e condizione della stimolazione, una diversa precisione nella localizzazione. Per riassumere, i nostri risultati suggeriscono che gli individui affetti da obesità sono suscettibili all’illusione, nonostante l’effetto sulla localizzazione corporea sia ridotto.
Diversamente da quanto atteso, i nostri risultati non supportano l’ipotesi di una maggiore suscettibilità alla stimolazione asincrona negli individui con obesità rispetto a quelli con peso ottimale. Detto questo, l’asincronia a esordio dello stimolo utilizzata per questo studio è di circa 1 s. Pertanto, anche se gli individui con obesità possono percepire lo stimolo asincrono come più sincrono rispetto agli individui con peso ottimale, dovrebbero essere in grado di riconoscere l’elevata asincronia utilizzata in questo studio. A sostegno di ciò, il fatto che la suscettibilità all’RHI asincrona per una popolazione clinica con ampia temporal binding window (ad esempio i bambini con disturbo dello spettro autistico) sia stata riscontrata anche utilizzando un intervallo di stimolazione più breve (Cascio et al., 2012). La modulazione parametrica dell’insorgenza delle asincronie potrebbe risolvere questo problema, studiando se una latenza che si avvicini alla temporal binding window dell’individuo possa influenzare l’esperienza illusoria nell’obesità. Vale la pena notare come degli studi precedenti sull’obesità abbiano preso in esame solamente la risoluzione temporale dell’integrazione audio-visiva (Scarpina et al., 2016), mentre l’RHI comporta l’integrazione di stimoli visivi e di tatto (Botvinick e Cohen, 1998). Pertanto, studi futuri dovrebbero analizzare in maniera specifica l’integrazione visuo-tattile nell’obesità, dal momento che potrebbe presentare una differente risoluzione temporale.
Il diverso effetto dell’illusione riscontrato negli individui con obesità per ciò che riguarda l’esperienza soggettiva e la localizzazione potrebbe non essere sorprendente. Infatti, è ampiamente risaputo come queste componenti possano essere modulate differentemente dall’RHI sia negli individui in salute (Abdulkarim e Ehrsson, 2016; Holle et al., 2011; Rohde et al., 2011) che nelle popolazioni cliniche (Kaplan et al., 2014; Keizer et al., 2014). Inoltre, queste dipendono da differenti reti neurali (Ehrsson et al., 2004, 2005; Ionta et al., 2011; Kammers et al., 2009; Petkova et al., 2012). Qual è, quindi, l’originalità dei nostri risultati?
Come detto in precedenza, l’interpretazione tradizionale dell’RHI stabilisce che l’illusione dipende dalla triplice interazione di vista, tatto e propriocezione (Blanke, 2012; Botvinick e Cohen, 1998). Se gli individui con obesità non sono capaci di integrare correttamente gli stimoli visivi, tattili e propriocettivi, dovrebbero mostrare una modulazione della localizzazione corporea simile sia nelle componenti soggettive (ossia gli effetti percettivi misurati tramite il questionario) che in quelle oggettive (ossia la deviazione propriocettiva) dell’illusione. Rhode e colleghi (2011) hanno proposto una differente linea d’interpretazione dei meccanismi d’interpretazione multisensoriale coinvolti nell’RHI. Questi autori hanno indicato che, come previsto, la deviazione propriocettiva è maggiore dopo la stimolazione sincrona piuttosto che dopo quella asincrona, ma hanno anche notato come i partecipanti mostrino una deviazione propriocettiva similare perfino quando guardano la mano di gomma in assenza di una qualsiasi stimolazione tattile. D’altra parte, la modulazione dell’esperienza soggettiva dell’illusione (come riportato nel questionario) si è verificata solamente con una stimolazione sincrona tra la mano reale e quella di gomma. In precedenza, Holmes e colleghi (2006) avevano dimostrato come la semplice visione di una mano artificiale allo specchio (in assenza di stimolazioni tattili) influenzi la posizione percepita dell’arto, senza però indurre un senso di possesso verso la mano finta. Pertanto, Rhode e colleghi (2011) hanno concluso che l’integrazione visuo-propriocettiva può essere sufficiente per indurre una ri-calibrazione della propriocezione in favore della vista, mentre l’esperienza soggettiva dell’illusione dipende dai meccanismi di integrazione visuo-tattile. In altre parole, l’integrazione visuo-tattile sembra essere necessaria al fine di manipolare l’esperienza soggettiva dell’illusione, ma allo stesso tempo non ha effetti additivi sull’integrazione visuo-propriocettiva che induce la ri-calibrazione della localizzazione. D’altra parte, la stimolazione asincrona prolungata dovrebbe interferire con l’integrazione visuo-percettiva riducendo la deviazione propriocettiva (Rohde et al., 2011). Più recentemente, Costantini e colleghi (2016) hanno osservato come, nell’RHI, quando l’intervallo temporale tra lo stimolo visivo e quello tattile sono appena fuori dalla temporal binding window dell’individuo, l’esperienza soggettiva dell’illusione viene annullata. Al contrario, i partecipanti hanno avuto una significativa deviazione propriocettiva sia durante la stimolazione sincrona che durante quella asincrona. Una leggera asincronia potrebbe non essere sufficiente per interferire con l’integrazione visuo-prorpiocettiva che causa la deviazione propriocettiva, analogamente a quanto riportato da Rohde et al. (2011) per una stimolazione asincrona discontinua.
Secondo quanto detto da Rhode et al. (2011), i nostri risultati potrebbero essere spiegati dall’alterazione dei meccanismi di integrazione visuo-propriocettiva e dal mantenimento dei processi di integrazione visuo-tattile presenti nell’obesità, perlomeno con un’ampia asincronia di insorgenza dello stimolo. Questo spiegherebbe perché, nell’obesità, l’illusione ha avuto un effetto trascurabile sulla localizzazione ed un effetto normale sull’esperienza soggettiva. In presenza di stimoli multisensoriali, gli individui tendono ad integrare tali stimoli secondo la loro affidabilità (Alais e Burr, 2004; Ernst e Banks, 2002; van Beers et al., 2002; Welch et al., 1979). La deviazione propriocettiva che si riscontra solitamente nell’RHI dimostra come la precisione dell’informazione propriocettiva (ossia della posizione della mano reale) si possa ridurre in favore del semplice elemento visivo in situazioni caratterizzate da percezioni sensoriali conflittuali. Comunque, il livello di affidabilità assegnato all’informazione visiva ed a quella propriocettiva può variare da un individuo all’altro (Boulinguez e Rouhana, 2008; Coello et al., 2004). Se gli individui con obesità hanno valutato maggiormente l’informazione propriocettiva rispetto a quella visiva, la cattura visiva che induce la deviazione propriocettiva potrebbe non essersi verificata. Ad esempio, nel disturbo dello spettro autistico, sebbene nei bambini, la forte tendenza a concentrarsi sulla propriocezione nei casi di conflitto multisensoriale è stata associata ad una ritardata ri-calibrazione propriocettiva della posizione della mano nell’RHI (Cascio et al., 2012).
Perché gli individui con obesità dovrebbero considerare l’informazione propriocettiva più affidabile rispetto agli individui con peso ottimale? Una possibilità è che gli individui affetti da obesità possiedano una propriocezione più efficiente o una percezione visiva meno efficiente, o entrambe. Pochi studi hanno analizzato la propriocezione nell’obesità, ma è stata riportata una ridotta precisione propriocettiva per quanto riguarda l’articolazione del ginocchio (Moravveji et al., 2017; Saleh e Abd El-Nabie, 2017; Wang et al., 2008). Le difficoltà propriocettive nell’obesità vengono considerate una conseguenza dell’eccessivo peso corporeo, che provoca un carico anomalo e prolungato sull’articolazione del ginocchio, alterando la funzione fisiologica dei meccanorecettori (Moravveji et al., 2017; Saleh e Abd El-Nabie, 2017; Wang et al., 2008). Tuttavia, la massa corporea non appoggia direttamente e continuativamente sulla mano, pertanto per questa parte del corpo uno scenario simile è improbabile. Inoltre, nel nostro campione, gli individui con obesità sono stati perfino più precisi dei soggetti con peso ottimale nel localizzare la mano. D’altro canto, la percezione visiva primaria nell’obesità non è mai stata studiata (Prickett,
Brennan e Stolwyk, 2015). Per questa condizione medica sono state però riscontrate delle anomalie visuo-costruttive, suggerendo che gli individui affetti da obesità potrebbero fare un maggiore affidamento sull’elaborazione visiva analitica piuttosto che su quella globale, concentrandosi sui dettagli della scena piuttosto che sulla gestalt (per approfondimenti vedi, ad esempio, Roberts et al., 2007; Sargénius et al., 2017; e Prickett et al., 2015). Comunque, non è chiaro come questa tendenza possa influenzare l’integrazione visuo-propriocettiva. Per riassumere, le precedenti prove sperimentali, unite ai nostri risultati, non sono sufficienti a chiarire se gli individui affetti da obesità si basino più sulla propriocezione piuttosto che sulla vista a causa di una migliore propriocezione o di una percezione visiva meno efficiente, o di entrambe. Future ricerche potrebbero indagare sulla questione in maniera più approfondita.
Un’ipotesi ulteriore rispetto alla prevalenza della propriocezione sulla vista, potrebbe essere che la cattura visiva non si verifica poiché le informazioni visive e quelle propriocettive non vengono integrate affatto. Per quanto ci è dato sapere, l’integrazione visuo-propriocettiva nell’obesità non è mai stata studiata. L’integrazione multisensoriale è supportata dalla sincronizzazione (tra le aree corticali e all’interno di esse) dell’attività neurale oscillatoria generata spontaneamente e come risposta agli stimoli esterni (ossia “le oscillazioni di reti sincronizzate“; Engel e Keizer, 2017; Ghazanfar e Chandrasekaran, 2007; Kaiser et al., 2006; Lakatos et al., 2007). Inoltre, la connettività funzionale in stato di riposo è stata recentemente associata alla risoluzione temporale dei processi d’integrazione multisensoriale (Ferri et al., 2017), i quali a loro volta sono stati relazionati ad un’anomala suscettibilità alle illusioni multisensoriali (Ferri et al., 2018). Studi sperimentali precedenti, per quanto molto scarsi, indicano che, nell’obesità, tanto i processi di sincronizzazione neurale (Olde Dubbelink et al., 2008), quanto la connettività funzionale durante lo stato di riposo (Ochner et al., 2009), potrebbero risultare alterati. Pertanto, è stato proposto che, nell’obesità, un’attività neurale oscillatoria atipica potrebbe determinare un’integrazione multisensoriale anomala (Scarpina et al., 2016), che, a sua volta, potrebbe influenzare la suscettibilità all’RHI. Il motivo per cui l’obesità potrebbe influenzare la connettività funzionale del cervello e la sincronizzazione delle oscillazioni neurali rimane poco chiaro, nonostante non ricada all’interno dell’obiettivo e delle potenzialità di questo lavoro. L’argomento potrebbe essere materia di studio in futuro.
Nonostante l’RHI sia stata studiata in diverse condizioni cliniche come strumento per analizzare la rappresentazione corporea (come ad esempio il disturbo dello spettro autistico: Cascio et al., 2012; Paton et al., 2012; la schizofrenia: Thakkar et al., 2011; il disturbo dismorfico del corpo: Kaplan et al., 2014; i disturbi alimentari: Eshkevari
et al., 2012; Keizer et al., 2014; il morbo di Parkinson: Ding et al., 2017; e la sclerosi multipla: Nava et al., 2018), in precedenza non era mai stata somministrata a soggetti affetti da obesità. Cionondimeno, la manipolazione sperimentale degli stimoli corporei multisensoriali può modulare tanto la percezione delle dimensioni fisiche del corpo (Normand et al., 2011; Tajadura-Jiménez et al., 2015a, b), quanto il livello di soddisfazione corporea (Preston e Ehrsson, 2014, 2016, 2018). Pertanto, delle anomalie nell’integrazione multisensoriale degli stimoli corporei potrebbero influenzare queste componenti della rappresentazione corporea che, oltretutto, nell’obesità sono significativamente alterate (Brodie e Slade, 1988; Docteur et al., 2010; Friedman e Brownell, 1995; Schwartz e Brownell, 2004; Thaler et al., 2018; Weinberger et al., 2016). Inoltre, è stato riscontrato come l’adozione di illusioni corporee multisensoriali nei protocolli riabilitativi possa aumentare l’efficacia dei trattamenti riabilitativi in casi di obesità (Riva et al., 2019; Serino e Dakanalis, 2017). Ad esempio, è stato notato che un’illusione corporea multisensoriale completa (ad esempio uno scambio di corpo nella realtà virtuale) può ridurre le distorsioni della dimensione corporea in un individuo affetto da grave obesità (Serino et al., 2016). Osservati da un punto di vista clinico, questi risultati sono promettenti; tuttavia, è necessaria una profonda comprensione del funzionamento dei meccanismi multisensoriali relativi alla percezione corporea nell’obesità, prima di sviluppare e testare l’efficacia di trattamenti ad hoc. I nostri risultati, per quanto non definitivi, contribuiscono a questo tema dimostrando come alcune componenti della rappresentazione corporea, al contrario di altre, possano essere manipolate. Infatti, il nostro studio mostra come la malleabilità della rappresentazione corporea, quantomeno per ciò che concerne la localizzazione, sembri ridotta in caso di obesità. Questa osservazione concorda con degli studi precedenti che indicano l’incapacità, da parte di alcuni pazienti, di modificare la propria rappresentazione corporea dopo una perdita di peso. Ciò comporta conseguenze negative importanti per il mantenimento di tale perdita di peso (Glucksman et al., 1968; Riva, 2011). Questo fenomeno è stato attribuito all’impossibilità di integrare la memoria allocentrica del corpo con la nuova percezione sensoriale corporea (Riva, 2011, 2012); cosa che, in effetti, implica una sorta di integrazione multisensoriale.
5. Conclusioni
Il nostro studio ha analizzato la funzionalità dei processi di integrazione multisensoriale associati alla consapevolezza corporea nell’obesità, attraverso una versione rivisitata dell’RHI (Botvinick e Cohen, 1998; Pavani and Zampini, 2007). Questo studio ha fornito il primo riscontro di un’atipica suscettibilità alle illusioni corporee in casi di obesità. Le nostre scoperte dimostrano che gli individui affetti da obesità hanno avuto una normale esperienza soggettiva dell’illusione, mentre è risultato essere ridotto l’effetto oggettivo dell’illusione sulla localizzazione. Abbiamo rivisto i nostri risultati ipotizzando un’elaborazione alterata degli stimoli visuo-propriocettivi che si pensa siano a supporto della localizzazione (Rohde et al., 2011). Tuttavia, dal momento che l’esperienza soggettiva dell’illusione è stata propriamente manipolata, abbiamo ipotizzato che l’integrazione multisensoriale visuo-tattile fosse stata preservata, perlomeno con un’ampia asincronia ad esordio dello stimolo. Degli studi successivi potrebbero affrontare questo tema indagando sull’integrazione visuo-tattile e visuo-propriocettiva nell’obesità.
Al fine di migliorare la nostra comprensione di questo campo d’indagine, sarebbe opportuna una corretta comprensione dei meccanismi cognitivi che mediano l’esperienza corporea nell’obesità. Di fatti, la rappresentazione corporea nell’obesità è relazionata al benessere psicologico degli individui (Friedman et al., 2002) ed al raggiungimento di esiti clinici favorevoli (Kayman et al., 1990; Sarwer et al., 2005; Stotland e Zuroff, 1991; Wadden et al., 1988).
Ringraziamenti
ST è sostenuta da una borsa di studio per Dottorato di Ricerca dell’Università di Trento. Gli autori ringraziano il Professor Daniel L. Adams per il suo prezioso aiuto nella preparazione del manoscritto. Gli autori ringraziano inoltre Francesca Businaro per il suo fondamentale aiuto nella raccolta dei dati.
Note
1. Da un punto di vista clinico, l’obesità è data da un rapporto tra peso in kilogrammi e altezza in metri al quadrato (Indice di Massa Corporea – IMC/BMI) superiore a 30 (WHO, 1995).
2. (i) “Hai avuto la sensazione che la tua mano sinistra si trovasse dove hai visto l’immagine della tua mano?” (ii) “Hai avuto la sensazione che la tua mano sinistra si stesse spostando verso l’immagine della tua mano?” (iii) “Hai avuto, improvvisamente, la sensazione che la tua mano sinistra avesse preso il posto dell’immagine della tua mano?” (iv) “Hai avuto la sensazione che il tocco che hai sentito fosse stato provocato dal pennello che sfiorava l’immagine della tua mano?” (v) “Hai avuto la sensazione che il tocco del pennello avvenisse a metà strada tra la tua mano sinistra e l’immagine della tua mano?” (vi) “Hai avuto la sensazione di avere due mani sinistre?” (vii) “Hai la sensazione che l’immagine della tua mano si stesse muovendo verso la posizione della tua mano sinistra?”
Italian to English: Bosco di Sant'Antonio a Pescocostanzo a rischio di capitozzatura. Preoccupazione per le associazioni ecologiste.
Source text - Italian Preoccupazione da parte delle associazioni ecologiste abruzzesi in merito alla richiesta di “sprotezione” del Bosco di Sant'Antonio di Pescocostanzo, a scopo pascolo e taglio degli alberi. Si tratta di un’area di protezione integrale ricadente nel Parco Nazionale della Majella, istituita nel 1986 per proteggere una delle faggete più belle e più famose dell'Appennino. Il Bosco, con i suoi 17 ettari, è da sempre un paradiso apprezzato da botanici, escursionisti, viaggiatori e turisti. Il particolare pregio naturalistico dell’area, purtroppo, è stato messo in seria discussione da una sentenza del 12 febbraio 2015, nella quale il Commissario Regionale agli usi civici ha dichiarato nulli i vincoli del Parco considerandoli illegittimi e mettendo in dubbio il Piano del Parco. Anche l’immobilismo del Parco è stato determinante per il conflitto istituzionale: non presentandosi in sede di giudizio, è stato condannato anche alle spese processuali. La sentenza crea conflitti con altri organi giudiziari sovra ordinari: statali ed europei, che invece si sono già espressi positivamente sulle norme di tutela in essere.
Spiegano le associazioni che si è trattato di un attacco contro una coraggiosa politica di conservazione della natura che non piace alle lobby e alle compagnie degli speculatori che vogliono trasformare il bosco in un’area di sfruttamento intensivo con il rischio di urbanizzare e cementificare definitivamente l’area. Si ripropone anche la discutibile pratica della capitozzatura degli alberi, divenuti monumenti naturali; una pratica colturale ormai superata che andrebbe ad uccidere o rovinare per sempre gli esemplari arborei, generando gravi danni all'immagine del bosco. In realtà, le bizzarre forme di alcuni faggi "a candelabro" presenti nel bosco di Sant'Antonio sono il frutto di quasi un secolo di mancate capitozze, altrimenti quegli alberi avrebbero avuto le aberranti forme degli esemplari che comunemente vediamo mutilati nei centri abitati e lungo le strade. Capitozze che hanno minato la vita di quegli esemplari e causato marciumi. L’area in origine era un bosco difeso dal taglio (Bosco Difesa), poi divenuto pascolo e tagliato, non essendovi più boschi sufficienti. Il bosco che oggi vediamo è quindi il risultato delle antiche vestigia originali, quelle del bosco sacro e inviolabile, alle quali si sono sommate successivamente le tracce degli antichi usi e distruzioni che rimarranno per sempre (paesaggio fossile), per poi ri-naturalizzarsi negli ultimi due secoli. In Italia abbiamo bisogno di boschi con alberi vetusti e con dinamiche naturali; difatti seppure il bosco in molte parti sta ritornando grazie all’abbandono dei terreni agricoli, la struttura dei boschi italiani è ancora misera, per via della gioventù dei boschi o a causa dei tagli troppo frequenti e massicci.
Secondo le associazioni, il rischio che le motoseghe possano irrompere nel bosco è ormai reale e incombente. Tutto dipende dal buonsenso della nuova amministrazione comunale. Il bosco rappresenta un biotopo di elevato pregio naturalistico, riconosciuto universalmente dalla comunità scientifica e da quella europea, dove le dinamiche naturali hanno arricchito il bosco grandi alberi ad alto fusto e monumentali. Ben diverso dalla boscaglia troppo giovane o troppo tagliata che domina la nostra regione, e tutta l’Italia. Nei 3 grandi censimenti degli alberi monumentali eseguiti nel tempo, dalla Forestale, dalla Regione e dal Parco Nazionale della Majella, si evidenzia la straordinaria ricchezza di questo bosco in grandi alberi. Circa la metà degli 800 alberi monumentali di tutto il parco nazionale, risiedono infatti nel Bosco di S. Antonio. La maestosità di questo Bosco attira ogni anno migliaia di turisti, villeggianti e cercatori di grandi alberi che contribuiscono a divulgare le bellezze della zona. Nell’immaginario collettivo degli abruzzesi il Bosco di Sant’Antonio rappresenta un luogo magico, un bosco sacro, un luogo incantato, del tutto particolare, con il suo aspetto culturale, storico, vetusto e soprattutto selvaggio. Un richiamo che attira visitatori da centinaia di chilometri, anche ben oltre i confini della regione. Per questi motivi, l’area è degna di essere tutelata ai massimi livelli. Una soluzione intermedia è possibile: se da un lato è importante far si che l'area protetta diventi sempre più un luogo aperto alla fruizione rispettosa dei cittadini e all’educazione ambientale; dall'altra è gravissimo dare valore alla capitozzatura, alla eliminazione di alberi o alla distruzione del sottobosco, arrecando un gravissimo danno turistico e naturalistico.
E’ fondamentale, per le associazioni che firmano il presente documento, trovare una congrua soluzione, ed intervenire al più presto per evitare che lo storico biotopo venga ridotto a terra di conquista. La biodiversità del Bosco di Sant'Antonio è una ricchezza inestimabile per tutto il territorio abruzzese e italiano. Il bosco, tra l’altro è anche Sito di Interesse Comunitario e nel 2012 è stato insignito del Premio “Carlo Scarpa” per il Giardino. Danneggiarlo rappresenterebbe un delitto imperdonabile.
Translation - English Risk of pollarding for the Sant’Antonio wood in Pescocostanzo. Concern among the environmental associations.
Concern among the environmental associations of Abruzzo, regarding an “unprotection” request for the Sant’Antonio wood in Pescocostanzo, aimed at grazing and tree cutting. This is a fully protected area that pertains to the Majella National Park and that was established in 1986, in order to protect one of the most beautiful and famous beech woods in the Apennines. The wood, with its 17 hectares, has always been a paradise appreciated by botanists, hikers, travelers and tourists. However, the main value of the area has been put into serious question by a judgment of the 12th of February 2015, in which the Regional Committee for civic purposes invalidated the restrictions of the Park, considering them as illegitimate and questioning the whole Park protection plan. Also, the inaction of the Park was crucial during the institutional conflict: by not showing up in court, it was sentenced to pay the legal costs. The sentence, moreover, is in conflict with the judgments of other European and national judicial bodies that, on the other hand, had already positively ruled over the standards of protection actually in place.
The associations explain that it was an attack against a courageous policy of nature conservation, considered unpopular by the lobbies and the companies, which are speculating in order to turn the wood into an area of intensive use, with the risk of urbanization and overbuilding. It also proposes the questionable practice of pollarding for trees that have now become natural monuments; this outdated pruning technique could destroy or ruin forever some specimens, causing serious damages for the image of the forest. In fact, the bizarre, “candelabrum-like” shape of some beeches in the Sant’Antonio wood is the result of nearly a century without pollarding, otherwise those trees would have the aberrant aspect of the mutilated specimens that we can see in residential areas and along the streets. Pollarding has undermined the life of those specimens and caused rot. The original area was a wood preserved from cutting (Bosco Difesa), which later, due to the lack of forests, was used for grazing and wood gathering. Therefore, the wood we have today is the result of the original ancient traits, those of the sacred and inviolable forest, which later grew through the uses and destructions that signed it forever (fossil landscape), and finally re-naturalized in the last two centuries. In Italy we need woods with ancient trees and natural dynamics; in fact, although the forest is reappearing in many places thanks to the abandonment of agricultural land, the structure of the Italian woods is still poor because of the youth of the forests and the frequent and massive cuts.
According to the associations, the risk that chainsaws could break into the wood is now real and imminent. It all depends on the common sense of the new local administration. This wood is a biotype of high natural value, universally recognized within the scientific sector and by the European community, where the natural dynamics have enriched the forest with huge, monumental, high-trunk trees. An environment that is well different from the young forests, undergoing too many cuts, that dominate our region and the whole country. The three main censuses of monumental trees, performed over time by the State Forestry Corps, the regional administration and the Majella National Park, have highlighted the great abundance of huge trees in this forest. In fact, around half of the 800 monumental trees detected in the Park can be found within the Sant’Antonio wood. Every year the majesty of this wood attracts thousands of tourists and seekers of large trees that help fostering the beauty of this area. In the collective consciousness of the people of Abruzzo, the Sant’Antonio wood represents a magical place, a sacred forest, an enchanted place, completely unique, and with its cultural, historical, ancient and, most of all, wild aspects. It is an enticement that attracts visitors from hundreds of kilometers, even far beyond the borders of the region. For these reasons the area deserves to be protected at the highest level. An intermediate solution is possible: while it’s important to establish the protected area as a place to be enjoyed by respectful citizens and to promote environmental education; on the other side it is very dangerous to foster pollarding, the removal of trees and the destruction of the undergrowth, with the serious risk of causing damages for environment and tourism.
It is essential, for the organizations that are signing this document, to find a fair solution and to intervene as soon as possible, in order to prevent the historical environment from becoming a land of conquest. The biodiversity of the Sant’Antonio wood is a priceless treasure for the whole territory of Abruzzo and Italy. Moreover, the wood is a Site of Community Importance and, in 2012, has been awarded the “Premio Carlo Scarpa per il Giardino”. Spoiling this wood would be an unforgivable crime.
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